RomaEnnesimo show di Renzi per presentare il sito passodopopasso.italia.it , casa di vetro di Palazzo Chigi per verificare la fittissima agenda dei mille giorni. «Giudicatemi a maggio 2017», chiede il premier che ammette: «Sono accusato di annuncite, malattia tipica del ceto politico». La sua difesa? Annunci su annunci: una pioggia di riforme, promesse, decreti; un diluvio di date e scadenze: «Domani agricoltura, mercoledì la scuola, Jobs Act entro l'anno e poi giustizia, legge elettorale, riforma del Senato». Non mancano slogan pirotecnici: «Mille asili in mille giorni» e «cercheremo di estendere il bonus degli 80 euro».
Già in mattinata lo staff di Palazzo Chigi anticipa il piglio da caterpillar del premier: «Giocheremo all'attacco, non in difesa. Sceglieremo il coraggio, non la paura per un'Italia libera dalle pastoie burocratiche e dal potere di rendita dei soliti noti. L'Italia che finalmente fa le riforme, dopo averle ossessivamente discusse (e rinviate) per anni». E ancora: «Guardiamo negli occhi tutti, ma non guardiamo in faccia nessuno. Questo è il Paese che è apparso sulla scena internazionale come il Paese dei veti. Dei no, non si può. Delle lungaggini e delle procedure. Al termine di questo periodo avremo un Paese più coraggioso, più semplice, più competitivo».
Poi, in conferenza stampa in mezzo a Delrio e Boschi, il premier dà vita al consueto e ambizioso spettacolo: «Abbiamo fatto tanto ma non ci basta. Abbiamo fame di riforme», dice. Tant'è vero che subito dopo l'incontro con la stampa Renzi sale di un piano per un summit con il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini per metter giù le linee guida sulla scuola, da «presentare mercoledì». Cioè domani. Naturalmente c'è il nodo «coperture» affrontato subito dopo con il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Soliti annunci disattesi? Renzi non la pensa così e dice di aver rispettato tutti gli impegni presi: «Parlano di luna di miele finita con gli italiani... Dicevano così anche prima delle Europee», ghigna. Quindi difende il bonus degli 80 euro: «Non sono una mancia elettorale ma la più grande riduzione di tasse mai fatta e di aiuto al ceto medio». Silenzio sulla stangata in arrivo sulla casa. Silenzio anche sui dettagli della riforma del lavoro, impantanata in Senato. E, stuzzicato sull'articolo 18, il premier svicola: «Si tratta di un falso problema: i casi che vengono risolti sulla base dell'articolo 18 sono circa 40mila e per l'80% finiscono con un accordo. Dei restanti 8mila, solo 3mila circa vedono il lavoratore perdere. Quindi noi stiamo discutendo di un tema che riguarda 3mila persone l'anno in un paese che ha 60 milioni di abitanti. Il problema quindi non è l'articolo 18, non lo è per me e non lo sarà». Quindi? Boh. Ma sul lavoro Renzi qualcosa la dice: «Il nostro modello è la Germania e un imprenditore non può morire di pastoie burocratiche per assumere una persona».
Avanti tutta, quindi. E sulla squadra il premier assicura: nessun rimpasto in vista dopo la nomina della Mogherini a Lady Pesc: «Non è in agenda. Mogherini lascerà il 25/26 ottobre. Ci penseremo da qualche giorno prima».
Ha fretta il premier e giura: «I 300 miliardi di investimenti annunciati da Juncker ci auguriamo arrivino il prima possibile: e siamo pronti a spenderli più veloci del West». Poi l'ammissione: «Ci diranno che siamo un po' troppo arroganti ma noi il Paese lo cambiamo davvero».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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