Roma - «Adesso loro diventano il potere, l'establishment, la casta. Non hanno più alibi, non hanno più scuse, non hanno più nessuno cui dare la colpa: devono governare». Torna a parlare Matteo Renzi, via enews, e lo fa - non a caso - proprio poco prima che la delegazione Pd, guidata da Maurizio Martina, vada a colloquio con il premier incaricato.
Una lunga arringa nella quale, oltre ad attaccare tutte le «incoerenze» della nuova maggioranza, strattona anche il suo partito: bolla come «psicodramma incomprensibile» l'ultima Assemblea nazionale, prega: «Basta con le risse incomprensibili sul niente», incita il Pd a fare «una opposizione degna di questo nome». Sapendo che non sarà facile, trovare la linea per andare all'attacco del futuro governo sui temi propagandistici che sceglierà: dall'immigrazione alle pensioni, dalla legittima difesa ai fantomatici «tagli ai costi della politica» strombazzati da Conte. E che non sarà facile lo dimostra il durissimo attacco partito ieri dai vertici Pd, nella persona del presidente Matteo Orfini, non al governo Di Maio-Salvini, ma ai governi Pd. E in particolare al ministro dell'Interno Minniti: «Alcune scelte di governo hanno favorito lo sfondamento a destra», accusa Orfini, «la lettura sull'immigrazione data dal nostro governo ha sdoganato una lettura di destra del fenomeno». E ancora: «Se andiamo in tv a dire che l'immigrazione è un pericolo, si fa un assist a Salvini». Parole assai nette, che non mancheranno di aprire nuove polemiche nel Pd.
Orfini però si occupa anche di rintuzzare le insistenti voci su un Renzi che guarda oltre un Pd ormai troppo esangue e squassato da scontri interni per diventare lo strumento di lunghi anni di opposizione al populismo. «Smentisco assolutamente che Renzi voglia fare un nuovo partito, è una sciocchezza - assicura - Nessuno di noi, e tantomeno Renzi vuole spaccare il Pd». Ma sono in molti a confermare che l'ex segretario sta valutando la possibilità, per le prossime elezioni europee, di presentare una lista «gemellata» con quelle degli spagnoli di Ciudadanos e con i francesi di Macron. Intanto, Renzi - rientrato dall'Asian Media Forum in Kazakistan, annuncia nuove missioni estere: dalla Cina agli Usa. Segno che l'ex premier ha intenzione di coltivare una rete di rapporti internazionali che, in momenti assai neri per la politica interna, possono costituire sponde importanti.
Intanto il governo Gentiloni fa gli scatoloni e svuota i ministeri, tra le telefonate allarmatissime al premier uscente dei capi di Stato e di governo di mezzo mondo. E rientra a casa anche Giorgio Napolitano: l'ex presidente, superato perfettamente l'intervento, è in convalescenza. Ma certo non smette di seguire la politica, e molti dirigenti del Pd hanno avuto modo di sentirlo, in questi giorni. E il presidente emerito è sembrato loro molto preoccupato per la formazione del nuovo governo, per la sua impostazione e anche per le modalità di regia seguite nella lunga crisi.
Viene descritto come «perplesso», tanto dai «metodi» quanto dai «tempi», e da un certo eccesso di «accondiscendenza» verso gli svarioni costituzionali dei suoi protagonisti, dalla fanta-lista dei ministri di Di Maio graziosamente accettata dal segretario generale del Quirinale Ugo Zampetti, fino al modo in cui è stato proposto l'oscuro Conte, poi incaricato nonostante le figuracce internazionali su curriculum e Stamina.
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