E se il Csm fosse la Pearl Harbour del Pd? «Sul Csm si comincia il 17 alle 16 e poi ogni martedì, da qui all'eternità», dice la renziana Raffaella Paita dopo la capigruppo in Senato. La citazione del film sulla battaglia nel Pacifico del '41 potrebbe non essere involontaria. Questo è l'auspicio di chi lavora a carte copertissime e a fari spenti all'accordo tra il centrodestra (che esprimerà almeno sette consiglieri) e Matteo Renzi. Che potrebbe portare Azione-Iv a riempire non una ma due caselle, a scapito del partito di Enrico Letta, con i Cinque stelle (in pole Mario Perantoni o Ettore Licheri) utili idioti a guardia del bidone dei forcaioli.
L'accordo con le opposizioni ancora non c'è: «Martedì sarà fumata nera», sibila Peppe De Cristofaro di Sinistra italiana, presidente del Gruppo Misto in Senato. «Hanno fatto fuori l'ex vicepresidente Csm Giovanni Legnini, Giorgia Meloni non guarda in faccia nessuno», ragiona una fonte vicina a Fratelli d'Italia. Il jolly Marta Cartabia con cui i dem vorrebbero far saltare il banco come vicepresidente di garanzia sembra un bluff di parola. Trovare consensi tra le toghe di sinistra sull'ex ministro della Giustizia è impresa ardua, nonostante il pressing degli ufficiali di collegamento romani di Area su Mi e l'ok che il Quirinale garantirebbe per blindare l'intesa. «Ma anche per vari profili d'inopportunità», dice un ex consigliere Csm che ne sottolinea il potenziale conflitto d'interessi: «Ha firmato la riforma del Csm, da Guardasigilli ha promosso azioni disciplinari su cui dovrebbe astenersi...».
E quindi? «Come nel gioco dell'Oca si torna al Via: il centrodestra con i trenta voti di Renzi se vuole fa saltare il banco e se li porta a casa tutti e dieci, pacchetto completo», dice uno degli sherpa che si muove tra Palazzo Madama e Palazzo de' Marescialli. Nel centrodestra si limano eventuali convergenze su qualcuno dei 173 candidati che alle 15 di ieri aveva già presentato la sua candidatura motu proprio. I nomi «veri» sono coperti fino alle 10 di martedì prossimo, a un pugno di ore dal voto dell'aula, quando verranno depositate le candidature «sponsorizzate» da almeno 10 parlamentari di due gruppi politici. Per ora i nomi in corsa per la vicepresidenza del Csm sono sempre quelli: Pierantonio Zanettin di Forza Italia («ma io al Senato sto benissimo», fa sapere), l'ex viceministro An Giuseppe Valentino e Massimo Luciani, presidente dell'Associazione italiana costituzionalisti in caso saltasse l'opzione Cartabia. A dare le carte sono però i togati. «Grande è la confusione sotto il cielo, come dice Mao Tze Tung», commenta al Giornale un autorevole esponente di Mi, che spiega: «Con i sette voti nostri e nove laici vicini a centrodestra e Renzi l'elezione del vicepresidente è cosa fatta». Ma serve un nome istituzionale, «alla Zanettin, per intenderci, uno che conosca la macchina del Csm». Occhio alle trappole, però.
Qualcuno ricorda l'amara lezione del 2008, quando il centrodestra puntava su Annibale Marini assieme a Mi ma Unicost si sfilò per eleggere Michele Vietti. E fu il centrodestra a subire l'ennesima, cocente sconfitta. Sarà la volta buona?
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