Roma - Matteo Renzi sale sul Colle a metà mattina e chiede altro tempo: «Presidente, mi servono ancora un po' di giorni». Non troppi, diciamo sette, dieci al massimo, poi, quando il caso petrolio sarà sbollito, potrà lasciare l'interim e sostituire Federica Guidi. Sergio Mattarella è d'accordo, il capo dello Stato non vuole fare pressioni, non ha intenzione di mettere fretta. Lo scambio di idee «sulla situazione del governo e più in generale del quadro politico» dura un'oretta. L'incontro, che fonti del Quirinale definiscono «amichevole e interlocutorio», si chiude con la promessa del premier di «procedere quanto prima alla nomina» e con un appuntamento di massima alla prossima settimana.
L'idea di Renzi è di rimpiazzare una donna con una donna. Partito in tromba con una squadra a tinte rosa, otto sui sedici, in due anni ha perso per strada qualche pezzo femminile: ora il rapporto è dieci a cinque a favore del sesso forte. Da qui la volontà di riequilibrare le proporzioni affidando lo Sviluppo economico a un'altra ministra.
Il nome più gettonato è quello di Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, scelta due anni fa direttamente da Giorgio Squinzi proprio per dare il segno di una svolta. Renzi la voleva con sé già nel 2014 ma Squinzi tenne duro. Così deviò verso la Guidi, apprezzata da Silvio Berlusconi con cui aveva appena stretto il Patto del Nazareno. Ora che il mandato del presidente sta per scadere, la pista può tornare calda.
Il ministero dello Sviluppo è però una postazione delicatissima e la soluzione che appare più naturale sarebbe perciò la promozione di Teresa Bellanova, da due mesi trasferita dal ministero del Lavoro al Mise come viceministro e protagonista di alcuni importanti tavoli di crisi. Ex sindacalista della Cgil, Bellanova fa parte della minoranza «dialogante» del Pd che ha lasciato Bersani e Speranza per avvicinarsi al segretario. Eppure il suo profilo non convince fino in fondo Renzi: grande esperienza, stimata dal premier, un intervento molto apprezzato all'ultima Leopolda; e tuttavia tra il Nazareno e Palazzo Chigi si ragiona su un nome di più forte impatto, «che possa dare un'idea di maggiore dinamismo».
Come quello di Antonella Mansi, quarantenne, toscana di Gavorrano, vicepresidente della Confindustria e pupilla di Squinzi, ex presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena con il beneplacito del Giglio magico. I rapporti con Renzi hanno conosciuto fasi altalenanti, ma negli ultimi tempi si sono rinsaldati, al punto che per lei si era ipotizzata la presidenza della Rai, andata invece a Monica Maggioni. La Mansi si è avvicinata recentemente a Volta, il pensatoio lanciato da Giuliano da Empoli, intorno a cui gravitano tutti i nomi che contano della seconda fase del renzismo. Particolare che non guasta, la stima di Denis Verdini, che nel 2009 le propose di correre addirittura come governatore della Toscana per il centrodestra.
La quarta candidata rosa è Luisa Todini. A prima vista è soltanto un'outsider: imprenditrice legata al Cavaliere, ex deputata europea di Forza Italia, ex consigliere d'amministrazione della Rai, da maggio del 2014 è a capo di Poste Italiane.
In realtà, dicono, la Todini, ben vista anche in Vaticano, si trasferirebbe volentieri nel palazzo di via Veneto. E se alla fine non fosse una donna? Matteo Colaninno, Vasco Errani, Claudio De Vincenti, i nomi sul tavolo sono sempre gli stessi.
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