Afghanistan in fiamme

La resa dei leader europei "Così è troppo rischioso. Evacuazioni completate"

Si chiude il ponte aereo. Macron: "Situazione deteriorata". Berlino: il ritiro è terminato

La resa dei leader europei "Così è troppo rischioso. Evacuazioni completate"

Una situazione sul terreno dell'aeroporto di Kabul già caotica e francamente umiliante prima degli attentati di ieri pomeriggio si è trasformata per gli alleati europei degli Stati Uniti in un assoluto caos di difficilissima gestione, sia dal punto di vista operativo che da quello politico. Le reazioni dei leader nelle ore immediatamente successive agli attacchi esprimono questa difficoltà e questo estremo disagio. Disagio che deriva non solo dal rifiuto opposto al G7 di martedì scorso dal presidente americano Joe Biden ad ascoltare la loro richiesta di estendere le operazioni di evacuazione da Kabul oltre il 31 agosto, ma anche dall'amara consapevolezza che senza la copertura militare americana gli europei non sono in grado di agire autonomamente in Afghanistan. Il che significa che non potranno onorare le loro solenni promesse di evacuare in Europa tutti coloro che avrebbero dovuto e almeno a parole voluto.

A parlare sono soprattutto i leader dei due maggiori Paesi che ancora, accanto agli Stati Uniti che garantiscono il controllo dell'aeroporto, stanno conducendo un ponte aereo per portar via non solo i loro ultimi cittadini tuttora rimasti a Kabul, ma anche gli afgani che rischiano la vita per aver collaborato con loro: la Francia e la Gran Bretagna. Il presidente francese è stato molto chiaro nel descrivere «il profondo deterioramento della situazione» sul terreno e nello spiegare come intende portare a termine le operazioni di evacuazione che Parigi ha in corso a Kabul. «Ci sono venti pullman carichi di afgani nell'area attorno all'aeroporto ed è nostra ferma intenzione ha detto Emmanuel Macron - che queste persone vengano messe in condizione di partire. Si tratta di alcune centinaia di persone, e stiamo trattando con i talebani per ottenere il loro passaggio in sicurezza. Siamo consapevoli tuttavia che queste prossime ore (Macron parlava nel pomeriggio di ieri, nda) saranno estremamente pericolose non solo nella zona dell'aeroporto, ma a Kabul in generale». Di questa consapevolezza testimonia l'altra decisione annunciata da Macron: quella di far partire da Kabul l'ambasciatore francese. «Continuerà il suo lavoro da Parigi ha spiegato il presidente -. Noi riconosciamo l'Afghanistan come Paese, non il suo governo, e perciò continueremo ad avere un ambasciatore presso l'Afghanistan anche se le attuali condizioni di sicurezza non consentono di trattenerlo laggiù». Una decisione che l'analista francese Gerard Chaillion, paragonandola a quelle della Cina e della Russia di mantenere aperte le proprie ambasciate a Kabul, ha definito «la prova di una sconfitta e la dimostrazione di chi sono i vincitori in questa bruttissima vicenda».

A Londra, il premier Boris Johnson ha convocato una riunione di crisi del suo governo. Reagendo al peggioramento della situazione sul terreno dopo gli attentati di ieri, Johnson si è detto «orgoglioso di quanto fatto finora», ma ha aggiunto che si tratta solo della prima fase dell'evacuazione, che dovrà continuare «anche dopo il 31 agosto». Il premier britannico non ha spiegato come questo a suo avviso potrà accadere, e forse si è trattato di una polemica forma di pressione su Biden che stava a sua volta per fare delle dichiarazioni. La Cancelliera tedesca Angela Merkel ha condannato «gli odiosi attentati» e preso atto che questi confermano l'impossibilità di proseguire evacuazioni in sicurezza da Kabul. Anche a Bruxelles, come d'abitudine, si prende atto dei fatti sgraditi ammettendo impotenza di fatto a cambiarli: Charles Michel e Ursula von der Leyen ricordano ai talebani che «il passaggio sicuro verso l'aeroporto di Kabul rimane prioritario».

Parole surreali.

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