
L'ultimo colpo di scena dell'inchiesta sulla morte di Liliana Resinovich è arrivato nei giorni scorsi, quando un tecnico che ha partecipato all'autopsia sul corpo della 63enne trovata senza vita il 5 gennaio del 2022 in un boschetto all'interno dell'ex ospedale psichiatrico San Giovanni di Trieste si è presentato spontaneamente dagli investigatori per dire che potrebbe essere stato lui, manovrando il cadavere, a procurargli la frattura alla vertebra emersa nel secondo esame autoptico.
La dichiarazione rilasciata in Procura, di cui ha dato notizia per primo il quotidiano il Piccolo, è destinata a riaccendere il recente scontro tra la difesa di Sebastiano Visintin, il marito di Liliana indagato per l'omicidio della moglie - secondo il quale la frattura sarebbe stata procurata nel momento del ritrovamento del cadavere - e i consulenti dei familiari, che non credono a questa ricostruzione. Le parole dello specialista non fanno che alimentare nuovi dubbi in un'indagine che, nonostante siano passati tre anni, sembra ancora lontana dall'accertamento della verità sul tragico destino di Liliana, scomparsa da casa la mattina del 14 dicembre del 2021 e trovata morta il 5 gennaio successivo.
«Potrei aver procurato io quella frattura alla vertebra della signora Liliana Resinovich», ha detto agli investigatori il preparatore anatomico che l'11 gennaio del 2022 era nella sala dell'obitorio di via Costalunga dove venne effettuata la prima autopsia, disposta dalla Procura di Trieste, che escluse l'omicidio: la 63enne si era suicidata, soffocandosi da sola. Due giorni prima - va ricordato - sul cadavere di Liliana era stata effettuata una Tac e la frattura non era stata rilevata. Ora il tecnico, un giovane triestino, aggiunge alla storia tormentata di questa inchiesta un elemento inedito: potrebbero essere state alcune manovre da lui eseguite sul corpo di Liliana a causare la lesione alla faccetta superiore sinistra della vertebra toracica T2 rilevata recentemente dai nuovi accertamenti sui resti della donna effettuati dall'antropologa forense Cristina Cattaneo, che hanno fatto imboccare la pista dell'omicidio.
A breve il tecnico verrà ascoltato direttamente dal pubblico ministero Ilaria Iozzi, che dirige le indagini. Anche se la frattura della vertebra non confermerebbe né confuterebbe la «dinamica omicidiaria», avvenuta tramite «soffocazione esterna», si tratta comunque di un elemento importante per l'inchiesta. Finora si era ipotizzato che Liliana quella frattura se la fosse procurata durante una torsione effettuata nel corso di una colluttazione con il suo assassino o fosse stata causata da una brusca frenata mentre era in macchina con lui. Le parole del tecnico adesso aprono un nuovo scenario sulle cause che potrebbero aver influenzato la valutazione della dinamica del decesso.
Secondo il fratello di Liliana, Sergio Resinovich, sono stati fatti troppi errori durante la prima fase di indagini, tanto che lo scorso aprile ha denunciato all'Ordine dei medici i periti della Procura che hanno effettuato la prima autopsia, quella che aveva parlato di suicidio. Uno strano suicidio, visto che il corpo era racchiuso in due grandi sacchi della spazzatura.
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