E siste una zona grigia sempre più estesa dove la dizione richiedente asilo viene omologata a quella di rifugiato e utilizzata commettendo un macroscopico errore su una condizione che non è automatica né di diritto. Necessita anzi di essere accertata e convalidata. Ma quando la domanda di protezione viene respinta lo straniero diventa un «diniegato». Contestualmente al provvedimento di diniego, la questura gli consegna un provvedimento di espulsione assieme all'invito di lasciare il territorio italiano entro i 15 giorni successivi. Dopodiché non ci sono buonismi che tengano: il richiedente asilo si trasforma in clandestino. E il rischio è che il passaggio da clandestino a delinquente sia troppo breve. Tant'è che i reati in Italia coinvolgono ben oltre il 22 per cento degli stranieri. E anche se il numero delle richieste d'asilo sta diminuendo con il calo degli sbarchi, ciò non toglie che le percentuali dei dinieghi rimangono pressoché costanti. Nel 2017 su 130mila richieste d'asilo presentate da maggiorenni, il 58 per cento sono state rifiutate dalle commissioni territoriali. In numeri questo dato equivale a 75.400 immigrati che hanno richiesto la protezione ma senza avere i requisiti per ottenerla.
Tanto che almeno la metà di loro ha rinunciato a fare ricorso in appello. Inoltre fra i 130mila che nel 2017 hanno presentato domanda di asilo, di circa l'1,5 per cento si sono perse le tracce ancor prima di eseguire la valutazione degli incartamenti. Vale a dire che quando la commissione competente ha notificato al centro di accoglienza la chiamata per effettuare l'intervista alla presenza di un opportuno mediatore culturale e traduttore ha scoperto che costoro si erano già dati alla clandestinità. In pratica quindi, note alla mano, 6 su 10 che richiedono asilo sono diniegati: dopo 18 mesi circa di attesa, ospitati nei centri di accoglienza straordinari, ricevono un responso negativo alla domanda di essere accolti nel nostro Paese. Per cui di questi 75.400 diniegati da stime effettuate da prefetture e questure, in collaborazione con le commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale e le corti d'appello, si è ritenuto che, per quanto riguardo lo scorso anno, si possano conteggiare almeno 32mila immigrati con in tasca il foglio di via che però non lasciano l'Italia.
Siamo a valori che sfiorano il 50 per cento. Inevitabile che dopo i fatti di Macerata, ad agosto scorso, dove la giovane Pamela è stata drogata, violentata e fatta a pezzi, quelli di Roma dove Desirée, una settimana fa, ha subito pressoché la medesima terribile sorte e tante altre donne hanno patito un stupro a opera di un immigrato, già raggiunto da provvedimento di espulsione o richiedente asilo, si ritorni prepotentemente ad analizzare l'incidenza dei reati commessi dagli immigrati irregolari. I detenuti stranieri in Italia sono il 32 per cento della popolazione reclusa. I soggiornanti regolari, secondo stime a campione effettuate su singoli istituti, sono una quota inferiore al 10 per cento del totale dei detenuti. La disamina dei reati commessi dagli immigrati centra un problema che esiste pesantemente.
In questo ultimo anno, stando ai dati del Viminale, sono state denunciate 1500 violenze sessuali a opera di stranieri ossia il 42,4 per cento di quelle perpetrate complessivamente, sono stati commessi 128 omicidi volontari da parte di stranieri (il 21,3 per cento del totale), 468 tentati omicidi (29,6), 13.233 lesioni dolose (33,1), 22.027 casi di spaccio (41,1).
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