Il rientro in scena di Renzi Nel Pd è guerra sulle alleanze

Il leader riunisce i sindaci e blinda la sua leadership Scontro sul listone con Alfano. Pisapia: «Un incubo»

Il rientro in scena di Renzi Nel Pd è guerra sulle alleanze

Roma - Nel Pd si rinnova la sfida tra rottamatori e rottamati. Stavolta, forse, a ruoli invertiti. A Rimini c'è Matteo Renzi che prova a ripartire, dopo le dimissioni da presidente del Consiglio, riunendo gli amministratori locali del Pd. A Roma riecco Massimo D'Alema, riabilitato dalla vittoria del No al referendum, che lavora per riorganizzare il centrosinistra e archiviare il renzismo. Il segretario del Pd tenta di uscire dal blog, rituffandosi nella mischia: l'assemblea nazionale degli amministratori del Pd è il primo evento pubblico dell'ex premier dopo l'addio a Palazzo Chigi.

Renzi, all'indomani della decisione della Consulta e l'apertura del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull'ipotesi di elezioni anticipate, ha bisogno di ricompattare il partito e blindare la leadership. A Rimini, l'ex sindaco di Firenze non chiuderà la manifestazione ma parlerà oggi alle 18, lasciando le conclusioni, domani, al presidente del partito Matteo Orfini. Un guanto di sfida lanciato a D'Alema che a Roma concluderà quasi in contemporanea l'evento dei comitati Scelgo No. Renzi non dovrebbe, però, muovere attacchi alla minoranza dem. La vera strategia del segretario Pd si muove su due fronti: alleanze e segreteria del partito. L'incertezza sulla data del voto ha bloccato l'annuncio della nuova squadra dei democratici. Renzi in un sms ha dato il benservito alla vecchia compagine ma non ha ufficializzato la nuova. L'ex presidente del Consiglio vorrebbe attendere le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale sull'Italicum. Il motivo è semplice: con il deposito delle motivazioni il quadro politico sarà più nitido. In caso di elezioni anticipate, Renzi opterà per una segreteria che guardi all'appuntamento elettorale, aperta a territori e figure della società civile. Se la legislatura andrà avanti, il segretario del Pd ha pronto il piano alternativo: una squadra interna che punti ad accontentare le correnti e garantisca la sua poltrona in vista della stagione congressuale.

Le alleanze è il secondo fronte su cui sta lavorando Renzi e dove si innesca lo scontro con D'Alema. La soluzione di un listone unico con Pisapia e Alfano per sfondare la soglia del 40% alle elezioni, necessaria per il premio di maggioranza, è bocciata dall'ex sindaco di Milano che su Twitter, rispondendo al giornalista Antonio Polito, chiarisce: «Per me, sarebbe un incubo ed è folle solo pensarlo». Ipotesi scartata anche dal ministro degli Esteri Angelino Alfano che replica a Pisapia: «No: zero assoluto. Io non soffro di incubi. Se ne ho avuto qualcuno, è stato migliore o peggiore ma non uguale a questo». Si spinge oltre il presidente del Pd Matteo Orfini che archivia la rievocazione dell'Ulivo, chiedendo le elezioni a giugno: «Io me le ricordo quelle stagioni in cui eravamo appesi a Turigliatto e Pecoraro Scanio e in cui la spinta riformista di una grande personalità come Romano Prodi era annacquata da una coalizione necessaria per vincere ma che diventava un ostacolo quando eri al governo», dice all'Huffington Post. Secondo Orfini, un listone di Renzi, da Alfano a Pisapia, «sarebbe esattamente l'errore più grave da commettere». Mentre Lorenzo Guerini bolla l'idea «come fantasiosa».

Un nuovo Ulivo (senza Alfano) è in verità già pronto: D'Alema al Centro Congressi Frentani di Roma ha riunito il mondo della sinistra: da Arturo Scotto di Sinistra Italia alla Cgil per benedire un centrosinistra senza Renzi.

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