Erano i giorni in cui il secondo governo Prodi si andava componendo e, trovandomi a casa di Francesco Cossiga, ebbi il privilegio di ascoltare una telefonata tra l'ex presidente della Repubblica e colui che avrebbe presumibilmente assunto la funzione di ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Cossiga, al solito, fu esplicito: «Ti consiglio di evitare quell'incarico, ma se proprio non potrai farne a meno guardati bene dal proporre una riforma della Giustizia anche vagamente attinente ai principi dello Stato di diritto. Viviamo in una Repubblica giudiziaria, se ti azzardi a minacciarne gli equilibri quelli ti arrestano e buttano via la chiave». Sembrava un paradosso, non lo era. Mastella abbozzò una riforma organica della Giustizia, nel 2008 finì sotto processo, il governo Prodi cadde di conseguenza, nove anni dopo Mastella fu assolto. Da allora, nulla è cambiato. Così come nel processo penale l'accusa è oggettivamente più forte della difesa, nell'assetto istituzionale reale l'ordine giudiziario è oggettivamente più forte del potere politico. Il motivo è semplice, e fu sempre Cossiga a spiegarlo: «Qualsiasi politico può essere legittimamente incriminato e messo fuori gioco da un qualsiasi pubblico ministero sulla base di un teorema qualsiasi, il contrario, invece, non è possibile». Detta in sintesi, i politici hanno paura dei magistrati. E questa paura, in effetti trasversale, rende irrealistica l'introduzione di riforme per, ad esempio, separare le carriere tra giudici e pm, eliminare l'obbligatorietà dell'azione penale, introdurre criteri meritocratici negli avanzamenti professionali delle toghe sottraendoli all'arbitraria logica politico-correntizia imposta dal Csm.
Se ne parla da decenni, se ne continuerà a parlare per decenni ancora. Nel frattempo, però, lo squilibrio dei poteri, associato alla naturale inclinazione giustizialista e antipolitica dei media dominanti, produce mostri. E rende la politica ancor più impotente di quanto già non sia.
Non è un caso che anche in questi giorni quel che accade o dovrebbe accadere nei tribunali corrisponda a quel che più minaccia la stabilità del governo: i processi a carico di Renzi e Salvini, la riforma della prescrizione. Non oso immaginare cosa avrebbe detto Cossiga del ministro Bonafede...Andrea Cangini
*senatore di Forza Italia
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