Roma - La minoranza Pd è stata neutralizzata con un compromesso di facciata (anche se Pier Luigi Bersani assicura che «non c'è stato alcun cedimento»), i primi voti in aula sulla riforma del Senato dicono che la maggioranza si allarga, grazie anche ai voti dei verdiniani: ieri la richiesta delle opposizioni di non passare all'esame degli articoli del ddl Boschi è stata respinta con 165 no contro 103 sì. Un margine di tutto rispetto, sul quale fino a qualche settimana fa nessuno avrebbe mai scommesso. Da Forza Italia, Giovanni Toti attacca i «transfughi, entrati in Parlamento grazie a Berlusconi».
Sulla strada di Renzi restano solo due ostacoli: gli 85 milioni di emendamenti di Roberto Calderoli (che però ha già annunciato il ritiro di una decina di milioni di modifiche agli articoli 1 e 2) e il presidente Pietro Grasso. Che ieri si è messo di traverso, in conferenza dei capigruppo, contro le richieste della maggioranza. Il presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda, aveva infatti chiesto di fissare il voto finale della riforma per l'8 ottobre, sia per dare un termine certo all'ostruzionismo abnorme che per avere il tempo di portare in aula il provvedimento sulle unioni civili, prima che il 15 ottobre inizi la sessione di bilancio. Ma Grasso si è opposto, con toni veementi a quanto ha raccontato il capogruppo grillino Castaldi: «Non faccio e non voglio passare per il boia della Costituzione», avrebbe tuonato. Con relativo battibecco con Zanda, che gli avrebbe suggerito di «non esagerare». Fatto sta che il presidente del Senato ha ottenuto di allungare i tempi fino al 13 ottobre, a ridosso dell'arrivo in Senato della legge di Stabilità. E dal Pd trapelava un notevole malumore nei confronti di Grasso, che non solo ha «volutamente creato il rischio che la riforma slitti a dopo la Stabilità», ma non ha neppure preso una posizione decisa contro «l'abuso di emendamenti» di Calderoli. Eppure, si sottolinea, il presidente avrebbe avuto «un argomento solido» per arginare la valanga ostruzionistica, e ci ha pensato il senatore Pd Francesco Russo a farlo notare intervenendo in aula: «Chiedo a Grasso se abbia già provveduto a verificare che Calderoli abbia effettivamente firmato uno per uno tutti gli 85 milioni di emendamenti depositati, e se dunque abbia almeno letto quel che l'algoritmo gli ha fatto scrivere». È infatti prassi consolidata che gli emendamenti debbano essere materialmente sottoscritti dal presentatore, ed è chiaramente impossibile che Calderoli lo abbia fatto. «Se non è successo, gli emendamenti sono ipso facto irricevibili», spiega Russo. Ora il Pd aspetta di vedere se Grasso coglierà il suggerimento, o se toccherà trattare con Calderoli qualche modifica ulteriore in tema di competenze del Senato: modifiche che la Boschi avrebbe già nel cassetto, in caso di necessità.
Nel Pd la fronda ha deposto le armi e solo Tocci e Mineo dicono che non voteranno la riforma perché «l'accordino» offerto da Renzi, effettivamente, non cambia nulla ed è la riedizione del “listino” già proposto mesi fa dal premier e allora sdegnosamente rifiutato dalla minoranza. Tesi che Bersani nega con veemenza: «Chi parla di nostro cedimento ribalta la realtà, c'è chi fa circolare retroscena totalmente inventati».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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