In Italia fare la cavia umana si può. La legge ammette espressamente la possibilità di sottoporsi a terapie e farmaci sperimentali in via volontaria ma fissa anche tanti paletti e precauzioni.
È importante innanzitutto distinguere tra i volontari, le persone affette di una determinata patologia e le persone sane.
Le prime, attraverso le associazioni o semplicemente via Internet, sono in grado di scoprire quali centri stanno sperimentando nuovi farmaci che possano migliorare le loro condizioni di salute. I centri di sperimentazione italiani si trovano soprattutto al Nord, a Verona, Pisa, Milano, Varese ma anche a Catania e Cagliari. Ovviamente prima del reclutamento ci sarà una selezione e verrà comunque fatta per fasce d'età, per sesso e in base alle condizioni di salute. Ogni progetto inoltre è approvato dal Comitato etico della struttura e prevede che al paziente venga sottoposta una richiesta di consenso dettagliata: sui possibili vantaggi e rischi della sperimentazione, sulle procedure e gli esami necessari e così via.
Più variegato è il mondo dei sani a caccia di soldi facili che si sottopongono a test farmacologici per raggranellare un po' di soldi. Sono soprattutto giovani, dai 19 ai 34 anni, spesso universitari che pensano in questo modo di coprire il costo degli studi.
Finalità più delle volte illusoria. In Italia non è possibile guadagnare molto facendo da cavia nei laboratori di farmacologia perché questa attività non può essere svolta a pagamento. I centri di sperimentazione e gli ospedali italiani, infatti, effettuano test solo su pazienti volontari, ai quali viene al massimo offerto un rimborso spese per il raggiungimento del laboratorio o per un'eventuale giornata di lavoro persa. Si tratta comunque di cifre che si aggirano intorno ai 200 euro al giorno. In media il guadagno per la durata di un test oscilla da un minimo di 600 euro a un massimo di 3mila euro. Ogni volontario non può sottoporsi ai test più di due volte l'anno, per questo viene assegnato a ognuno un codice identificativo.
Sottoporsi a un test è un impegno psico-fisico non indifferente. Bisogna essere collaborativi e offrire disponibilità totale per la durata dello studio. Ai supervisori vanno segnalati gli effetti collaterali del farmaco: sonnolenza, sudorazione, emicrania, dolori addominali. Inoltre, alla fine della sperimentazione può servire anche un periodo di disintossicazione.
Prima di iniziare la terapia sperimentale, infine, le cavie devono compilare e firmare una modulistica completa in cui dichiarano di essere a conoscenza del tipo di sperimentazione a cui stanno prendendo parte e degli eventuali rischi possibili. In ogni caso è vietato sperimentare su volontari sani antitumorali o immunosoppressori. Ogni paziente inoltre è coperto da una polizza assicurativa mirata, che copre i rischi collegati alla ricerca.
Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, spiega che le fasi di ricerca clinica sono quattro. «La fase uno viene dopo il laboratorio e la sperimentazione animale e viene fatta per capire se il farmaco è ben tollerato per eventuali effetti indesiderati. Si fa su volontari, generalmente maschi, meno soggetti a variazioni ormonali». I controlli sono rigorosi.
«La selezione passa dai centri autorizzati, ospedalieri o universitari, dall'Aifa e dai comitati etici. Tutti valutano il protocollo con il massimo rigore per evitare e se c'è qualche delinquente che fa qualcosa fuori da questa griglia va perseguito duramente».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.