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Tra Jihad e Israele è guerra. Razzo sul campo profughi

Colpita Jabalya, 5 morti. Gerusalemme: "Un lancio difettoso dei palestinesi". Dalla Striscia 400 missili

Tra Jihad e Israele è guerra. Razzo sul campo profughi

Una guerra, piccola o grande, vuole sempre un vincitore e un perdente; spesso non funziona cercare un accordo e una conclusione, sicuri che la pace sia un bene ambito da tutti. Sullo scontro attuale Israele-Gaza ci si chiede quando finirà e come. La Jihad islamica fino a ora non ha ottenuto nessun risultato così importante da consentirle di abbassare le armi con onore. I due missili che hanno messo in funzione le sirene a Tel Aviv al tramonto e spedito gli abitanti nei rifugi, come il missile che ha colpito direttamente una casa a Sderot, non hanno portato tuttavia nessun concreto motivo di soddisfazione strategica. Gli abitanti della città israeliana che non dorme mai, hanno seguitato a correre in riva al mare, con un'attenzione speciale al rifugio pubblico più vicino, e gli abitanti del Sud resistono all'assedio delle sirene. Secondo i palestinesi Israele in serata ha colpito vicino al campo profughi di Jabalya, nel Nord della Striscia, in un'operazione a caccia di una postazione missilistica: 5 morti - quattro bambini - e numerosi feriti. L'esercito non conferma e un portavoce del governo spiega che «l'esplosione è da imputarsi a un lancio di un razzo difettoso della Jihad islamica». Ucciso invece a Rafah Khaled Mansour, leader della Jihad, equivalente di Taisir Al Jabari nel Sud della Strsicia. Sono 24 i morti (6 bimbi) e 203 i feriti in tutto, secondo i palestinesi.


Lo svantaggio della Jihad è evidente nonostante i quasi 400 missili lanciati ovunque a partire da venerdì alle 16 quando Al Jabari, il numero uno dell'organizzazione affiliata all'Iran, è stato eliminato con un missile di precisione sparato da Israele dentro la finestra della sua casa a Gaza. La Jihad cerca un'occasione per poter salvare il suo onore. Jabari aveva inaugurato una nuova strategia del terrore che doveva riscattare l'arresto del leader di Jenin, Basem Saadi: con la minaccia è riuscito a rinchiudere metà della popolazione israeliana in casa per tre giorni promettendo bombardamenti sui civili. Il via gliel'aveva dato la visita del segretario generale Ziad al Nakhaleh a Teheran dal presidente iraniano Ebrahim Raisi lunedì. Adesso la Jihad, al contrario di Hamas che non si affaccia sulla scena di guerra, deve rispondere nei risultati dello scontro agli strateghi iraniani, dimostrare di avere ancora diritto ai loro aiuti. Interessi diversi da quelli di Hamas, cui è unita dal cinismo verso la popolazione della Striscia costretta all'ubbidienza: Hamas però, da padrone di Gaza, fa i conti con i 14mila lavoratori che non possono uscire a lavorare in Israele, con la gente che vuole cibo, elettricità, assistenza sanitaria. Israele ha lasciato entrare la benzina necessaria a produrre energia, e ha messo in moto una macchina umanitaria che potrebbe portare alla tregua. Ma per questo Hamas deve restare fuori e la Jihad smettere di sparare. Inoltre si teme anche un attacco terrorista degli affiliati della Jihad dentro Giudea e Samaria. Per ora, nonostante le richieste egiziane e anche di Hamas, ancora i jihadisti sperano di imprimere una ferita memorabile a Israele.


Per ora le unità antimissile dell'esercito israeliano hanno centrato i proiettili in entrata al 95%, una trentina sono finiti dentro i confini di Gaza e la gente di Israele ha seguito in maniera precisa gli ordini del Fronte Interno alla radio e alla tv. Così l'unico missile che ha colpito diritto una casa di Sderot, distruggendola, non ha fatto male a nessunoo. I pochi feriti nel Sud di Israele sono solo colpiti da schegge o da shock.
Ma tutto è ancora possibile, anche che la pressione ideologico-terrorista di Hamas vinca sulla sua prudenza strategica. Di certo, ogni giorno la voce di Gaza chiama più forte Hamas alla guerra, e da ieri sera la triste ricorrenza di Tisha be Av, quando nel 70 dC fu distrutto dai Romani il Tempio, chiama in causa di nuovo Gerusalemme. Occasione ghiotta per il richiamo della Moschea di Al Aqsa, come la guerra dell'anno scorso, protagonista Hamas.

Ancora la situazione è fragile e lo sottolinea un'inconsueta richiesta di Netanyahu al primo ministro Yair Lapid di essere aggiornato: uno per tutti, quando Israele è assediata.

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