La risposta a Kim di Stati Uniti e Corea del Sud. Sparati otto missili: "Ora basta provocazioni"

La Corea del Nord ne aveva appena usati altrettanti. Giappone in allerta

La risposta a Kim di Stati Uniti e Corea del Sud. Sparati otto missili: "Ora basta provocazioni"

Tensione altissima nell'Asia Pacifico. Stati Uniti e Corea del Sud hanno lanciato otto missili balistici in risposta agli altrettanti sparati domenica dalla Corea del Nord nel mar del Giappone. «Il nostro governo reagirà con fermezza a qualsiasi provocazione», ha dichiarato il nuovo presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, aggiungendo che le azioni di Pyongyang sono «una minaccia non solo per la pace nella penisola coreana ma anche nel nordest asiatico e nel mondo». I missili superficie-superficie (Atacms) sono partiti all'alba di ieri con l'obiettivo di dimostrare a Kim Jong-un «la capacità e la prontezza di rispondere e colpire immediatamente in caso di necessità», hanno detto i vertici militari.

Gli otto missili di domenica lanciati dalla Corea del Nord sono arrivati proprio il giorno seguente alle esercitazioni militari nel Mar delle Filippine tra Seul e Washington che, per la prima volta in quattro anni, hanno coinvolto anche una portaerei americana, la Ronald Reagan. Esercitazioni che da sempre vengono viste da Pyongyang come «azioni ostili». E sono stati il più massiccio test di armi compiuto quest'anno. Si tratta del diciottesimo di questo tipo effettuato da Kim, il terzo dopo che il presidente Yoon Suk-yeol è salito al potere. L'ultimo il 25 maggio, quando sono stati lanciati due missili balistici a corto raggio e un probabile missile balistico intercontinentale (Icbm).

La situazione infuocata ha allertato anche il Giappone. «Gli ultimi lanci di Pyongyang rappresentano una minaccia più seria rispetto al passato. Per questo lavoreremo con più decisione per rafforzare drasticamente le nostre capacità di difesa, incluse quelle offensive e di contrattacco», ha dichiarato il ministro della Difesa giapponese Nobuo Kishi.

Nella regione sale la tensione anche tra Cina e Australia. Canberra ha accusato Pechino di aver messo a rischio «con una manovra molto pericolosa» uno dei suoi aerei da pattugliamento P-8. Secondo il ministro della Difesa Richard Marles il 26 maggio, durante una «normale attività di sorveglianza marittima» nello spazio aereo internazionale sul Mar Cinese Meridionale, un caccia cinese J-16 ha avvicinato pericolosamente un aereo della Raaf, «sfrecciando davanti e rilasciando piccoli pezzi di alluminio, alcuni dei quali sono finiti nel motore del velivolo». Nessuno è rimasto ferito e l'aereo è riuscito a tornare alla base.

«L'Australia deve agire e parlare con prudenza per evitare che si verifichi un errore di calcolo che si traduca in gravi conseguenze», ha detto in risposta all'accusa il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian. Un avvertimento che sembra una minaccia e che non migliora una situazione già tesa da anni.

Da una parte c'è il patto annunciato lo scorso anno tra Usa, Gb e Australia per fornire a Canberra sottomarini nucleari e sviluppare armi ipersoniche in grado di trasportare testate nucleari, che inevitabilmente Pechino vede come «una Nato nel Pacifico». Dall'altra c'è la preoccupazione per l'espansione militare della Cina nell'area, dopo gli accordi commerciali stilati con le Isole Salomone a soli 2mila chilometri dalla costa australiana.

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