Roma Alla fine sotto accusa c'è finita lei, Pamela, la donna di 36 anni che la notte dello scorso martedì ha avuto un diverbio con un giovane eritreo sfociato in una mezza rivolta al centro di accoglienza di via del Frantonio, al Tiburtino III, quartiere periferico di Roma.
Dopo aver ricevuto l'informativa dei carabinieri, il pm Alberto Galanti ieri ha iscritto il suo nome nel registro degli indagati per lesioni aggravate dall'uso dell'arma. Tutti gli indizi raccolti, alla fine, hanno convinto gli investigatori che le cose non sono andate esattamente come aveva raccontato la donna, zia del ragazzino di 13 anni sospettato di aver ferito lui alla schiena con un pezzo di ferro appuntito lo straniero che a suo dire gli aveva tirato alcuni sassi. Era stato un testimone a raccontarlo, una delle tante versioni dell'accaduto, ma che non aveva convinto fino in fondo i magistrati.
Pamela, invece, aveva denunciato di essere stata strattonata e sequestrata da alcuni connazionali dell'eritreo all'interno del centro dopo che lei lo aveva rincorso fin là insieme al nipote per dargli una lezione, convinta che avesse importunato i nipoti e suo figlio mentre giocavano. Il reato di sequestro, però, non è stato mai ipotizzato dal magistrato e quello di tentato omicidio formulato in un primo momento è stato derubricato in lesioni gravi.
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