Tremate, tremate, Nigel Farage e le sue stregonerie son tornate. Uscito di scena dopo il referendum che ha voluto e vinto nel 2016, Mister Brexit emerge illeso dalle macerie del terremoto politico che ha scatenato oltre trentuno mesi fa e annuncia di essere pronto a tornare nel grande palcoscenico della politica inglese. Deciso a battersi per evitare che il Regno Unito dica addio all'addio, cioè che la Brexit rimanga lettera morta. Come? Candidandosi se ci saranno elezioni anticipate quest'anno in Gran Bretagna (e a Londra si vocifera di un voto possibile già il mese prossimo). Oppure ricandidandosi come parlamentare europeo (una poltrona che occupa dal lontano 1999) se il Paese non dirà addio alla Ue il 29 marzo 2019 e gli inglesi potranno partecipare alle Europee di maggio. Sotto quale ombrello avverrà il grande ritorno? Dopo il bye-bye definitivo annunciato un mese fa all'Ukip (il partito di estrema destra che ha guidato quasi ininterrottamente per dieci anni dal 2006 al 2016 e che ha lasciato accusandolo quasi ironicamente di flirtare proprio con l'ultradestra) Farage è pronto per il grande ingresso e la probabile leadership in «The Brexit Party». Un nome, una garanzia.
L'idea - ha spiegato Farage al Sun on Sunday - è tutta di Catherine Blaiklock, ex portavoce economica dell'Ukip, anche lei fuoriuscita dal partito, che «l'ha realizzata con la mia totale consapevolezza e il mio pieno sostegno» e prometteva ieri dalle pagine del Telegraph di volersi battere «contro il rovesciamento del più grande voto popolare della nostra storia». La Commissione elettorale britannica ha confermato che il nome «The Brexit Party» è stato depositato l'11 gennaio e attende di essere registrato. «C'è enorme richiesta di un partito che sia chiaro sulla questione Brexit. È evidente che l'élite politica vuole fermarla - ha spiegato Farage - Theresa May è impegnata in questo tradimento. Mi ributterò nella mischia e rifarò tutto, se devo. Ma stavolta non farò prigionieri». Sarà lotta dura.
La discesa in campo dell'ex broker della City promette di regalare altre notti insonni ai Conservatori moderati come la premier in carica, affannosamente a caccia di un compromesso che metta insieme anche i cocci dell'ala oltranzista del partito. E torna a essere un incubo anche per gli euroburocrati, che di Farage speravano di liberarsi presto e definitivamente. Ma la discesa in campo del padre del referendum sarebbe la manna degli elettori pro-Brexit che nelle sabbie mobili delle trattative per l'uscita si sentono pesantemente traditi, specie ora che una maggioranza parlamentare trasversale potrebbe bypassare il governo e unirsi per un'estensione dell'articolo 50 che regolamenta l'uscita, dunque per un rinvio della Brexit, se non addirittura per una sospensione che la cancellerebbe.
Una missione, quella che Farage sente di dover intraprendere, anche perché «da un quarto di secolo mi batto per lasciare l'Unione europea. Ci credo con tutto il mio cuore e la mia anima e per portarla a compimento ho abbandonato la parte migliore della mia vita adulta», ha riferito con un tono solenne e quasi melodrammatico. Tutto ciò mentre nel frattempo gli «eurocrati si stanno sbellicando per come hanno trombato gli inglesi», spiega ancora nel suo solito linguaggio colorito.
Al suo fianco c'è la fondatrice Catherine Blaiklock, che avverte delle manovre parlamentarie del
rischio «che la democrazia muoia»: «Fuori da Westminster c'è una nazione fortemente favorevole al Leave. Non lasciamo che finisca come con i bambini, che chiedono che si cambino le regole del gioco quando stanno per perdere».
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