Rivolta dei senegalesi a Firenze. Spinte, insulti e sputi al sindaco

La comunità protesta in nome dell'ambulante ucciso da un folle a colpi di pistola. Nardella costretto a sfilarsi

Rivolta dei senegalesi a Firenze. Spinte, insulti e sputi al sindaco

Firenze - Un pomeriggio di altissima tensione, a Firenze, che segue ai disordini di lunedì sera. La comunità senegalese toscana sul piede di guerra dopo l'omicidio di Idy Diene, 54 anni, per mano dell'italiano Roberto Pirrone si è ritrovata ieri sul luogo della tragedia, il ponte Vespucci, per manifestare contro la presunta matrice razzista del gesto, insieme ai movimenti di estrema sinistra.

Ne ha fatto le spese il sindaco fiorentino Dario Nardella, che è stato accerchiato da un gruppo di manifestanti, spintonato e colpito dallo sputo di un giovane dei centri sociali. L'antagonista si è avvicinato al primo cittadino, nel mirino per un post su Facebook, che condannava i disordini serali seguiti all'omicidio e lo ha insultato sputandogli addosso e inveendo anche contro Matteo Renzi e l'amministrazione comunale, con il risultato di essere denunciato. A quel punto Nardella, che aveva raggiunto il presidio per cercare di riaprire un dialogo su invito degli organizzatori, ha rinunciato all'incontro con i senegalesi arrivati in treno da tutta la Toscana. «La storia di Firenze è una storia di dialogo, la città capisce la rabbia per la morte di un uomo ha commentato il sindaco, che aveva incontrato una delegazione di senegalesi anche lunedì pomeriggio ma non accetta la violenza. Mi allontano perché non voglio diventare elemento di provocazioni: Firenze ha il dovere di difendere i principi di democrazia e convivenza civile».

L'episodio che ha coinvolto il sindaco su cui stanno indagando gli investigatori è stato il culmine di una giornata difficilissima: le forze dell'ordine hanno faticato non poco a contenere i circa 300 manifestanti, che dalle 15 si sono radunati per un sit-in sul ponte Vespucci in nome dell'ambulante ucciso a colpi di pistola. Intorno alle 17 senegalesi e centri sociali hanno tentato di sfilare in corteo per il centro storico come avvenuto il giorno prima (con danneggiamenti a fioriere, cestini, transenne e motorini e traffico bloccato intorno alla stazione), ma le forze dell'ordine schierate in assetto antisommossa glielo hanno impedito.

L'intero pomeriggio è trascorso cercando di dare una spiegazione al gesto del pensionato 65enne, che lunedì ha sparato sei colpi di Beretta sull'ambulante. Da una parte chi sostiene che si sia trattato di un gesto deliberatamente razzista, rivolto contro la vittima in quanto di colore, dall'altra chi ritiene che l'ambulante si sia trovato al posto sbagliato al momento sbagliato e che il colore della pelle non abbia avuto rilevanza.

Sta di fatto che il destino della vittima, Idy Diene soprannominato «il saggio» perché tra i più anziani della comunità senegalese è tornato a incrociarsi nel modo più drammatico con le armi da fuoco. L'uomo era infatti il cugino di Samb Modou, uno dei due senegalesi uccisi il 13 dicembre 2011 dall'estremista di desta Gianluca Casseri, e ne accompagnò il feretro in patria organizzando il funerale in Africa. Dopo la vicenda Diene si era avvicinato alla vedova di Samb, Rokhaya Mbengue: spesso dormiva da lei, la aiutava a rifarsi una vita dopo la perdita del marito. Alla famiglia di Diene, che vive nella regione di Thies in Senegal, lunedì è arrivata la stessa telefonata di sette anni fa.

Per Rokhaya, un nuovo incubo.

«Lei e Idy vivevano insieme nella stessa casa, lui aiutava la vedova e sua figlia» racconta Papa Demba, rappresentante della comunità senegalese di Pontedera, da dove l'ambulante arrivava ogni giorno in treno a Firenze. Fino all'incontro fatale con il pensionato killer.

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