Quella rivolta «militare» nel Cie segnale della minaccia jihadista

C'è un video della sommossa nel Centro di Trapani del 2012 Islamisti pronti e coordinati. E solo ora il rischio è evidente

Quella rivolta «militare» nel Cie segnale della minaccia jihadista

Scena di guerriglia. È in atto una sommossa. Gli stranieri che intendono evadere dal Cie di Trapani-Milo si muovono coordinati, dietro un letto in ferro scardinato all'occorrenza per sfondare l'alto cancello di recinzione e usarlo come scudo per proteggersi dall'intervento delle forze dell'ordine. Sembrano tecniche paramilitari, che dimostrano una certa preparazione da parte degli stranieri. Le telecamere di videosorveglianza del Cie riprendono tutto. È il 2012, periodo antecedente agli allarmi lanciati da più parti che mettono in guardia su possibili infiltrazioni nel nostro Paese da parte di gente vicina a gruppi jihadisti. Eppure più volte il governo Renzi ha negato l'evidenza.

Il video prosegue con l'arrivo di un mezzo blindato della polizia. E dopo aver superato la resistenza degli immigrati che lanciano loro contro quel che si ritrovano per mano, gli agenti in tenuta antisommossa li disperdono. Tra il 2009 e il 2012 nei Cie siciliani i poliziotti sono rimasti esposti a pericoli conseguenti proprio a questi tentativi di fughe di massa preparate precedentemente con metodiche paramilitari soprattutto da stranieri di origini egiziane e tunisine. Non mancano i casi di poliziotti feriti.

Gli immigrati, infatti, sono armati di cemento, di reti e altro materiale scardinato dai centri. Il Cie di Trapani-Milo, ad esempio, è stato letteralmente disossato nella parte composta in cemento. I trattenuti hanno distrutto i sedili, hanno scavato i pilastri mettendone da parte grossi pezzi, arrivando al ferro della struttura interna per ricavarne una sorta di uncini a cui legare delle corde fatte con coperte e lenzuola da lanciare come rampini sulle recinzioni per guadagnare la fuga.

Cie, dunque, sotto controllo come anche diversi immigrati che, appena approdati, sono stati trovati in possesso di materiale di propaganda jihadista e foto che li immortalano con mimetica e kalashnikov. Su questi allontanamenti indagano le procure di Palermo e di Catania. Se prima c'era solo il timore che qualche jihadista potesse sbarcare mescolato a profughi e clandestini in Sicilia, la certezza la si ha nel giugno del 2015 quando un libico «ospite» del centro di Lampedusa viene notato mentre fa vedere a un connazionale delle foto archiviate su un tablet. Stando alla segnalazione alle forze di polizia, in uno scatto il libico, di cui conosciamo solo il nome di Abubaker, aveva ai piedi i cadaveri di gente decapitata e una foto lo immortalerebbe con una testa mozzata in mano. Lo straniero, una volta messo piede sulla terraferma, ha fatto perdere le sue tracce.

Non sono le uniche inchieste. La procura di Caltanissetta indaga su cellule terroristiche in Sicilia. Secondo il procuratore Sergio Lari, l'allarme terrorismo in Sicilia «è concreto. Il Nisseno è un territorio delicato. Parlo anche di Enna. Vi è la presenza di numerosi centri di accoglienza e di uno dei pochi Cie che accoglie soggetti scarcerati. In un caso si è arrivati a un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un pahistano che ha fatto parte di un'organizzazione terroristica sunnita». E ha aggiunto: «Sono emersi processi di radicalizzazione di alcuni soggetti nei centri per immigrati e, attraverso monitoraggi della polizia postale, sono state trovate sul web tracce di questi processi. Vi sono indagini in corso».

Che la Sicilia sia la fucina dei terroristi, una sorta di base logistica per l'addestramento, è dunque una possibilità. E la mente corre all'aprile del 2013 quando il Ros di Bari individuò una cellula terroristica stabilizzatasi in Sicilia con l'intenzione di mettere a segno attentati in tutto il mondo. La cellula terroristica di matrice islamica di sei persone aveva realizzato un centro di addestramento vicino Scordia (Catania).

Ed è alle pendici dell'Etna che si testavano armi ed esplosivi in esercitazioni militari. A capo dell'organizzazione c'era l'ex imam di Andria, Hosni Hachemi Ben Hassen, arrestato a Bruxelles. Compito del gruppo era quello di preparare azioni terroristiche.

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