«Non possono continuare a tacere o a parlare sottovoce in cambio di un tacito accordo sugli sbarchi dei migranti». Il presidente di Assindustria Venetocentro, Massimo Finco, ha attaccato duramente la Lega, primo partito regionale che esprime il governatore Luca Zaia. Sono scrosciati gli applausi nelle due riunioni che l'associazione territoriale di Confindustria che riunisce gli imprenditori di Padova e Treviso ha tenuto martedì scorso nei due capoluoghi. Mai in passato si era palesato in maniera così evidente lo scollamento tra il Carroccio e il suo zoccolo duro.
In realtà, Matteo Salvini avrebbe dovuto aspettarsi una simile reazione considerato che, ancor prima che fosse pronta la relazione tecnica del provvedimento, in Veneto ci si era portati avanti con il lavoro sfornando un dossier allarmante: se il decreto Dignità fosse stato in vigore nel 2017, la Regione avrebbe perso 80mila posti di lavoro a tempo determinato. «Si favorisce il lavoro all'estero, fra gli imprenditori si comincia già a pensare di favorire le assunzioni oltre confine», ha aggiunto Finco ricordando che nel primo trimestre 2018 in Veneto si è registrato un saldo positivo di 53.200 posti di lavoro. E, poiché molte aziende sono piccole multinazionali, il primo pensiero è quello di spostare gli investimenti verso l'estero in virtù della maggiore rigidità del mercato.
Il problema è soprattutto politico e Forza Italia, che da settimane sta portando avanti un'azione incessante di opposizione alla linea del ministro Di Maio, ha immediatamente denunciato la contraddizione dell'alleato leghista. «Salvini batta un colpo», ha commentato il capogruppo azzurro alla Camera, Mariastella Gelmini ricordando che «in Parlamento stiamo facendo una serrata battaglia con proposte concrete, che vanno incontro alle esigenze del mondo del lavoro e dell'impresa, ma per riscrivere completamente il testo serve anche la compartecipazione della Lega, forza di governo che non può più rimanere sorda al grido di dolore lanciato dalla base elettorale del centrodestra». Secondo Gelmini, la protesta di Assindustria Venetocentro testimonia «la distanza siderale tra chi vive tutti i giorni i problemi del Paese, sforzandosi di fare impresa e creare nuova ricchezza ed occupazione, e la visione utopistica, novecentesca, anti-mercato del ministro Luigi Di Maio». Concetti ribaditi dal vicepresidente della Camera, Mara Carfagna. «Se non ci stupisce che i Cinquestelle si siano rivelati inadeguati, non riusciamo invece a credere che la Lega abbia dimenticato gli impegni presi, con gli elettori del centrodestra», ha chiosato.
«Arriviamo a fine percorso ed alla fine vediamo chi ha torto o ragione», ha replicato il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ripetendo che «il nostro obiettivo è migliorare il decreto e garantire più lavoro, più diritti agli imprenditori e ai lavoratori». «Risponderemo con i fatti», ha aggiunto il viceministro leghista dell'Economia, Massimo Garavaglia. «Accogliamo di buon grado l'apertura», ha dichiarato il presidente di Confindustria Veneto, Matteo Zoppas ricordando che «è un errore, in un momento di crisi da cui non siamo ancora usciti, creare ulteriori disagi: la mancanza di flessibilità di fatto pone i presupposti di una maggiore disoccupazione perché porta molte aziende, ancora in difficoltà, a chiudere».
Il ministro del Lavoro, colto in fallo, ha tradito insofferenza rispetto alle rimostranze imprenditoriali. «Il decreto Dignità non è stato ancora approvato, si sta criticando il decreto che non è stato ancora modificato», ha detto. La compagine dell'esecutivo da ieri è un po' più sfilacciata.
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