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Rivoluzione a Est ma tre dossier pesano su Mosca

La principale incognita della presidenza Trump, specie per quanto riguarda noi europei, riguarda i rapporti che instaurerà con la Russia

Rivoluzione a Est ma tre dossier pesano su Mosca

La principale incognita della presidenza Trump, specie per quanto riguarda noi europei, riguarda i rapporti che instaurerà con la Russia. L'intenzione, condivisa almeno a parole da Putin, è di instaurare un vero e proprio rapporto di collaborazione, sia nella lotta contro l'Isis, sia per una riduzione degli armamenti nucleari, sia per un allentamento delle tensioni che hanno indotto Obama a stazionare 5.000 militari americani nell'Europa dell'Est. Il linguaggio usato dal neopresidente nei confronti dello Zar contrasta con quello utilizzato verso la Cina, al punto da indurre vari analisti a supporre che egli intenda dar vita a un asse Washington-Mosca contro Pechino. Tuttavia, la strada di un accordo con il Cremlino si presenta piena di ostacoli, anche sul piano interno. Dopo lo scandalo delle operazioni degli hacker russi durante la campagna elettorale, molti americani sospettano che Trump debba addirittura la sua elezione all'aiuto fornitogli da Putin e la rivelazione, proprio alla vigilia della cerimonia d'insediamento, che l'intelligence ancora controllata dai democratici ha scoperto recenti contatti segreti tra uomini vicini al presidente con il Cremlino non contribuisce a sfatare l'ipotesi. L'intenzione di Trump di superare i contrasti con la Russia sembrava confermata dalla scelta dei suoi ministri. Invece il Segretario di Stato Rex Tillerson, considerato amico di Putin, ha testimoniato davanti al Congresso di considerare la Russia una minaccia, il Segretario alla Difesa Mattis ha usato parole ancora più forti ribadendo la lealtà degli Usa alla Nato e la nuova ambasciatrice all'Onu Nicky Hallet ha espresso la convinzione che non ci si può fidare dei russi e li ha addirittura accusati di crimini di guerra in Siria. Solo il consigliere per la sicurezza nazionale Flynn sembra condividere appieno le idee del presidente. Il contenzioso tra Washington e Mosca verte oggi essenzialmente su tre punti: primo, l'occupazione russa della Crimea e l'appoggio fornito ai ribelli dell'Ucraina orientale, che hanno indotto Obama e il resto dell'Occidente - a imporre dure sanzioni economiche a Putin; secondo, le interferenze russe nel processo elettorale, che hanno spinto l'amministrazione uscente ad altre rappresaglie; terzo, l'intervento russo in Siria a sostegno di Assad. Sul primo punto, si nota una evidente perdita di interesse, anche da parte di alcuni Paesi europei, e se i russi osservassero finalmente gli accordi di Minsk (disattesi peraltro anche dall'Ucraina) un compromesso che porti a una graduale abolizione delle sanzioni sembra possibile, sia pure con una certa perdita di faccia degli Stati Uniti. Il secondo, su cui Trump ha sempre espresso un certo scetticismo, è forse il più facile da superare. Quanto al terzo, potrebbe essere risolto da parte di Putin tornando a coinvolgere l'America nei negoziati di pace e collaborando lealmente con lei nella lotta al Califfato.

Tutto ciò non avverrà nei prossimi giorni, assisteremo ad alti e bassi, ma certamente l'atmosfera è destinata a cambiare.

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