Rogo nel rifugio dei disperati: scoppia la rivolta dei migranti

Incendio in un capannone industriale, muore un somalo. I suoi connazionali sfilano per la città: "Colpa dello Stato"

Rogo nel rifugio dei disperati: scoppia la rivolta dei migranti

È scappato dal rogo del rifugio-dormitorio dove viveva alla periferia di Firenze, ma è subito tornato indietro per prendere i documenti necessari al ricongiungimento della moglie lontana. Una scelta che ad Alì Muse 35 anni, somalo è costata la vita: mercoledì notte l'uomo è morto carbonizzato all'interno dell'ex mobilificio Aiazzone, dove altre tre persone sono rimaste intossicate dal fumo. E ieri la comunità dei migranti fiorentini ha reagito con rabbia alla tragedia, protestando con un corteo dal Duomo fino alla prefettura di Firenze, preceduto da uno striscione eloquente: «Alì è morto per colpa dello Stato». I manifestanti hanno anche improvvisato un sit-in sedendosi per terra e bloccando il passaggio degli autobus. Insieme al Movimento di Lotta per la casa, i richiedenti asilo si sono poi spostati nel cortile di Palazzo Strozzi, dove hanno tentato di salire al primo piano per occupare la mostra dell'artista dissidente cinese Ai Weiwei dedicata proprio all'emergenza profughi. Dopo qualche ora di tensione la situazione è tornata alla normalità, e gli inquirenti si sono concentrati su ciò che è accaduto la notte di mercoledì a Sesto Fiorentino, nella struttura occupata ora sottoposta a sequestro dove dormivano circa 80 migranti (in massima parte somali, etiopi ed eritrei) e dove all'improvviso è scoppiato un rogo. Alcuni immigrati hanno raccontato che Alì era riuscito a mettersi in salvo dal fumo e dalle fiamme, forse scoppiate per un corto circuito o forse per un «sovraccarico» necessario per far fronte alle rigide temperature notturne. Poi la scelta di tornare indietro per prendere i documenti che aveva lasciato nella zona dove dormiva. «Abbiamo cercato di fermarlo - hanno raccontato i richiedenti asilo - ma lui è voluto rientrare perché la sua famiglia è bloccata in Kenya da due anni e senza quei documenti non sarebbero potuti arrivare in Italia». Sul posto sono intervenuti i pompieri, per recuperare il corpo della vittima e cercare altri eventuali dispersi, mentre due grosse tende sono state sistemate nell'atrio del capannone. Il giorno dopo, la protesta: «Vogliamo una vita dignitosa» hanno urlato in coro i manifestanti, regolari ma senza protezione sociale una volta terminati i progetti di integrazione. «È vergognoso spiega Osman, capo della comunità somala a Firenze perché sono anni che queste persone sono abbandonate e vengono lasciate sole a soffrire. In questi giorni abbiamo sofferto il freddo e nessuno ci ha dato una mano: chiediamo un posto dove stare in maniera dignitosa».

Mentre la procura fiorentina ha aperto un'indagine per omicidio colposo, il Comune di Sesto Fiorentino si sta impegnando per trovare un altro riparo per i migranti: prima di occupare il capannone abbandonato i migranti vivevano in una casa alla periferia di Firenze, sgomberata oltre un anno fa. Da lì i richiedenti asilo sono stati trasferiti nella zona industriale.

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