Cronache

Rogo Thyssen, la Germania rigetta il ricorso. I due manager tedeschi in cella cinque anni

I familiari degli operai: «Giustizia sarà fatta quando saranno in galera»

Rogo Thyssen, la Germania rigetta il ricorso. I due manager tedeschi in cella cinque anni

Giustizia è stata fatta. Almeno sulla carta. A dodici anni dal rogo di Torino in cui morirono sette persone, i due ex manager della Thyssenkrupp, Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, dovranno scontare cinque anni di carcere per omicidio colposo e incendio doloso per negligenza.

La notizia, attesa non solo dai familiari degli operai morti ma anche dai vertici della giustizia italiana, è arrivata dopo che il tribunale di Hamm ha rigettato il ricorso presentato dagli imputati. In Italia i due uomini erano stati già condannati nel 2016 a rispettivamente 9 anni e 8 mesi e 6 anni e 10 mesi. Ma il tribunale tedesco aveva stabilito che, pur essendo le sentenze effettive, le pene dovevano essere concordi con il diritto tedesco. Diritto che stabilisce in Germania un'imputazione massima di cinque anni.

Il rogo avvenne il 6 dicembre 2007 e persero la vita Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino. Insieme all'unico sopravvissuto, Antonio Boccuzzi, cercarono invano di spegnere le fiamme, ma gli estintori erano quasi vuoti, le manichette di acqua inutili e l'impianto non adeguato, perché il management sapeva che lo stabilimento sarebbe stato chiuso.

Oltre ai due tedeschi erano stati condannati altri cinque dirigenti italiani della società. «Era una notizia che attendevamo da tempo e oggi è arrivata: i due manager sconteranno la pena adeguata al diritto tedesco nel loro Paese», scrive il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede in un post su Facebook. «Quando ho incontrato i familiari delle vittime, avevo detto che non si poteva pensare di sfuggire alla giustizia italiana semplicemente varcando il confine - aggiunge Guardasigilli -. Noi abbiamo esitato a sensibilizzare in ogni occasione e a differenti livelli le autorità tedesche sull'aspettativa italiana che la giustizia facesse il suo corso in tempi rapidi. Abbiamo seguito molto da vicino tutta la vicenda con la dovuta attenzione, considerato che in Germania come in Italia, la magistratura è indipendente. Per questo mi preme ringraziare gli uffici del ministero, gli uffici diplomatici italiani in Germania e anche chi, in quel Paese, ha mostrato sensibilità su questo tema». E abbraccia a distanza i familiari delle sette vittime, con le quali è rimasto sempre in contatto e che pretendevano una risposta concreta.

«Giustizia sarà fatta quando saranno realmente in galera dice perà Graziella Rodinò, mamma di Rosario . È una notizia che alimenta la speranza di giustizia, ma troppe volte sono riusciti a trovare il modo di non scontare la pena.

Quando saranno dietro le sbarre, allora ci crederemo».

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