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Rolex sfiducia Renzi

Il premier e Alfano affiancano il marchio ai black bloc. E l'azienda si ribella

Rolex sfiducia Renzi

Sull'orologio di questo pazzo mondo batte l'ora di uno scontro diplomatico senza precedenti, quello tra il governo Renzi-Alfano e la Rolex, la più famosa multinazionale del tempo. È l'ultimo effetto collaterale degli scontri di Milano e della loro disastrosa gestione. Succede che il premier e il ministro degli Interni, nelle ore calde della devastazione, avevano depistato l'attenzione sui danni inneggiando alla «sconfitta di farabutti col cappuccio e figli di papà col Rolex». Il riferimento era alla foto di un black bloc intento a imbrattare vetrine con al polso un orologio simile a un modello della famosa casa svizzera. L'incauto accostamento, rilanciato da tutte le agenzie del mondo anche se infondato, ha lasciato di stucco i vertici della Rolex che oggi, attraverso pagine a pagamento sui quotidiani italiani, chiedono chiarimenti e scuse al premier Renzi e al ministro Alfano.

Sembra una bazzecola, in mezzo ai drammi che viviamo, ma non è così. Che un governo coinvolga in modo diffamante un prestigioso marchio mondiale del lusso dentro dibattiti politico-delinquenziali, o lo etichetti come roba da «figli di papà», è un fatto capace di incidere sull'immagine e il prestigio dello stesso con importanti conseguenze economiche. È già successo sotto il governo Monti con il tracollo di vendite di suv, e in generale di auto di lusso, i cui proprietari erano stati a parole equiparati a evasori fiscali. Oppure con località come Cortina, dove ancora oggi gli imprenditori locali si leccano le ferite dei danni provocati dalla campagna mediatica sui blitz a caccia di ricconi furbetti del dicembre 2011. Nella nautica, sia cantieristica che portuale, è accaduta la stessa cosa: aziende rovinate, più disoccupati e minori entrate fiscali. Il fatto è che le parole possono provocare più danni delle pietre tirate dai black bloc, e quelle dei primi ministri e ministri degli Interni fare veri disastri. Renzi, scimmiottato da Alfano, vive ormai dentro la bolla di Twitter, il mondo virtuale dove tutto è permesso perché non esiste la responsabilità. Che sia la promessa di meno tasse, annunci di inesistenti vittorie su teppisti o insulti a una prestigiosa multinazionale non importa. Basta sparare cavolate e aumentare i clic. Il problema è che Rolex, come noi, vive e opera nel mondo reale.

Che è altra cosa da Renzi.

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