Se l'umorismo è condannato al confino politico

Se l'umorismo è condannato al confino politico

Perché ridiamo? Nessuno ha saputo rispondere. Ci hanno provato il filosofo Henri Bergson con le Rire (noiosissimo) e Sigmund Freud che si fermò al witz, la battuta fulminante.

Eppure l'umorismo è l'unica misura della libertà. Se piacere e dolore ci costringono a un itinerario da topi fra carota e bastone, del perché si rida possiamo soltanto dire che l'umorismo mette in circolo endorfine buone come il sesso, ma con conseguenze meno impegnative. L'umorismo ci allena alla rottura delle regole con le torte in faccia ed è per definizione temuto dai bigotti di ogni tendenza, in genere di sinistra, che si fanno scudo della famosa direttiva catto-fascio-sovietica «scherza coi fanti ma lascia stare i santi». La trasmissione Alto Gradimento di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni addestrò una generazione ormai in via di estinzione a scardinare l'ovvio liberando energia comica ma senza fini propagandistici. Si rideva cioè da cospiratori affamati della libertà di deridere mentre oggi ci limitiamo ad incoraggiare comici volenterosi ma prevedibili, sempre sottomessi al capocomico che alla fine è il governo.

Oggi la comicità a reti uniche, più che unificate, suggerisce piuttosto l'idea del confino politico, anche se rallegrato da scimmiette ammaestrate specialmente quando fanno le pernacchie al domatore. Se però volete davvero farvi quattro risate, chiudete gli occhi e provate a immaginare una trasmissione satirica condotta da Laura Boldrini.

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