Se la notte porterà consiglio lo sapremo di buon ora, visto che la terza votazione per eleggere il presidente del Senato - decisiva, dato che l'eventuale quarto scrutinio è un ballottaggio tra i due più votati - dovrebbe iniziare già questa mattina alle 10.30. Comunque vada, però, non c'è dubbio che la rottura che si è consumata ieri nel centrodestra è traumatica, senza precedenti recenti e avrà lunghi strascichi.
Che quello tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sia qualcosa di più di un semplice braccio di ferro lo si capisce già a tarda mattina, quando nei tam tam dei capannelli in Transatlantico i deputati di Forza Italia e quelli della Lega veicolano due linee diametralmente opposte. Secondo gli azzurri, infatti, dal nome di Paolo Romani come candidato alla presidenza del Senato non ci si sposta. Seppure con una certa prudenza, lo dice anche una accorta come Mariastella Gelmini. «Non mi pare - ragiona - ci siano margini per andare su altri nomi». I leghisti, invece, sostengono il contrario. «Non ho dubbi, alla fine Salvini convincerà Berlusconi a cambiare candidato», spiega Guglielmo Picchi, ex Forza Italia passato al Carroccio già la scorsa legislatura.
La trattativa in corso, però, non va a buon fine. E il Cavaliere risponde alle pressioni che arrivano dagli ambasciatori di Salvini con una nota ufficiale in cui conferma il sostegno a Romani. Sono appena passate le tre del pomeriggio ed è chiaro che ormai il centrodestra si è incartato. Il leader della Lega, infatti, è sì disposto a lasciare la seconda carica dello Stato a Forza Italia, ma vuole un nome a lui gradito. Per due ragioni. In primo luogo perché su Romani c'è il veto del M5s e Salvini non ha intenzione di rompere il canale che ha aperto con Luigi Di Maio, un dialogo nel quale si è anche ipotizzato un'intesa per un governo che cambi la legge elettorale in pochi mesi e ci riporti al voto entro le Europee della primavera 2018. La seconda ragione è invece solo in parte politica, perché se da un lato Salvini vuole mettere in chiaro che è lui oramai a dare le carte, dall'altro ci tiene a levarsi la soddisfazione personale di umiliare un Berlusconi che non l'ha mai amato. Così, alla seconda votazione per eleggere il presidente del Senato la Lega indica Anna Maria Bernini, vicecapogruppo di Forza Italia. Con un dettaglio. Lo fa contro il volere di Berlusconi. Di fatto, uno sfregio. Politicamente un modo per certificare nero su bianco che Salvini non solo comanda sul centrodestra ma anche dentro Forza Italia.
Che lo show down sia ad un passo lo si capisce dalla faccia terrea di Mara Carfagna quando ormai a tarda sera mostra il suo cellulare ad un collega di partito. Sul display c'è la nota di Berlusconi, durissima: «I voti alla Bernini, strumentalmente utilizzata, sono un atto di ostilità a freddo della Lega che da un lato rompe l'unità del centrodestra e dall'altro smaschera il progetto per un governo Lega-M5s». Insomma, muro contro muro.
La rottura è violenta al punto che persino gli ambasciatori più diligenti fanno un passo indietro. Solo a notte i contatti riprendono e si prova a ragionare su come uscire da quello che sembra un vero e proprio cul de sac. L'ipotesi che inizia a farsi strada a Palazzo Grazioli è quella di provare a lanciare un quarto nome. Dunque, cedere su Romani ma mettere da parte sia la Bernini che Maria Elisabetta Casellati, nome circolato come eventuale terza scelta. Il profilo dovrebbe essere quello di una persona molto vicina a Berlusconi. Che troverebbe anche la sponda del Pd. Visto il rinforzarsi dell'asse Salvini-Di Maio, infatti, in queste ore si sono andati di molto intensificando i contatti tra l'ex premier e i dem.
Ieri ci sarebbe stata una telefonata direttamente con Dario Franceschini mentre Matteo Renzi - grazie al canale tenuto aperto da Gianni Letta e Luca Lotti - avrebbe chiuso ogni porta al M5s bocciando eventuali candidature alla presidenza del Senato sia di Luigi Zanda che di Emma Bonino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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