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Il sabotatore Conte adesso fa la vittima. "Dal premier parole sprezzanti e dal centrodestra soltanto insulti"

La surreale giornata del leader pentastellato che prova a scaricare le responsabilità della crisi. "Sembra che in aula oggi non ci sia stata una discussione, siamo solo stati messi alla porta"

Il sabotatore Conte adesso fa la vittima. "Dal premier parole sprezzanti e dal centrodestra soltanto insulti"

Si sa dov'è ma quel che è certo è che per tutta la giornata non si vede. Giuseppe Conte spunta solo in serata e se la prende con Mario Draghi. «Abbiamo visto da Draghi indicazioni generiche e un atteggiamento sprezzante, questo ci dispiace molto perché abbiamo ricevuto insulti e dalle forze di centrodestra c'è stato un atteggiamento incomprensibile e una deliberata volontà di cacciarci fuori dalla maggioranza», le parole del leader del M5s. Colpa di Palazzo Chigi e di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Conte se ne lava le mani e fa la vittima: «Sembra che oggi non ci sia stata una discussione, non abbiamo potuto capire la soluzione sul superbonus, non abbiamo compreso se il salario minimo ha intenzione di farlo, non abbiamo ricevuto indicazioni sulle altre misure per cui ci siamo battuti». «Siamo stati messi alla porta», si congeda l'ex premier.

Conte per tutta la giornata però non si fa vedere. Silvio Berlusconi dirige le danze da Villa Grande, Enrico Letta è in prima linea per il Draghi-bis, Matteo Renzi e Matteo Salvini solcano il Senato, Luigi Di Maio è contrito di fianco al premier. Nell'album delle figurine dell'ultima giornata delle larghe intese manca solo il volto di Giuseppe Conte. Il leader di partito che, citando Letta, come Gavrilo Princip a Sarajevo ha fatto precipitare la crisi fino all'irreparabile si inabissa per ore nell'ufficio del gruppo del M5s a Palazzo Madama. «Dov'è Conte?», si chiedono i parlamentari degli altri partiti. Colui che ha fatto il primo passo verso il draghicidio, nel giorno del giudizio sceglie di recitare da sparring partner.

Fino alle sette di sera non è dato sapere nemmeno se il Movimento voterà la famosa «risoluzione Casini», si asterrà, dirà di no oppure uscirà dall'Aula. Quando sui Palazzi della Roma politica il sole già batte un po' meno rispetto alla canicola del pomeriggio, arriva un lancio di agenzia proveniente dalle solite e non meglio specificate «fonti M5s». «Il Movimento Cinque Stelle uscirà dall'Aula», la comunicazione. Ma la cosa surreale è che non è vero nemmeno questo. Perché i grillini si dichiarano «presenti non votanti». L'ennesima fuga di un leader che ha innescato la crisi e si è dimostrato impalpabile nelle ore decisive.

Conte nel pomeriggio incontra Enrico Letta e Roberto Speranza. I due esponenti dell'ormai fu fronte giallorosso provano a convincerlo a dare il via libera alla fiducia. Lui rifila agli ex alleati una serie di no. Il discorso del premier non lo convince, anzi grida alle provocazioni per le parole sul Superbonus e sul reddito di cittadinanza. Addossa le colpe a Draghi, reo di aver fatto un discorso «per essere sfiduciato». «Non ci ha fatto nessuna apertura, anzi ci ha provocato sul Reddito di Cittadinanza e sul Superbonus, come gliela dobbiamo votare la fiducia?», sibilano i contiani a Palazzo Madama.

Per il Conte in fuga dalle responsabilità, però, adesso inizia un secondo tempo che promette di essere più difficile del primo. La sorte dei trenta deputati, capogruppo Davide Crippa compreso, che volevano votare la fiducia a Draghi a Montecitorio è incerta. Poco male per il giurista di Foggia, che è già in ansia di comporre le prossime liste per le politiche. Resta da vedere il risultato. Con questa legge elettorale senza i dem sarà difficile conquistare qualche collegio. E alla porta ci sono Alessandro Di Battista e Virginia Raggi. Due nomi ingombranti che non vedono l'ora di superarlo in quanto a ortodossia.

Forse dopo le elezioni, magari con il placet di Beppe Grillo.

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