«Sono l'anti-Salvini, a Milano c'è un modello che può funzionare». C'è anche Beppe Sala tra le ipotesi per risollevare il Pd dal letto di morte in cui sembra calato. Quando glielo chiedono, il sindaco meneghino non prende impegni, perché «dopo la malattia sono cambiato, non faccio più progetti per il futuro, il mio presente si chiama Milano e durerà fino al 2021. Poi vedremo». Ma certo la Milano efficiente e innovativa che l'ex ad di Expo amministra è un biglietto da visita che pochi nel centrosinistra possono sfoderare, anche se - ha ammesso lui stesso - è più facile governare Milano che Roma o altre città italiane. Il sindaco non è al momento interessato alla guida del Pd, per il congresso ha anzi lanciato l'idea di una leadership femminile («Vedrei molto bene una donna alla segreteria del Pd»).
Organizza tavolate etniche con i migranti e sfida il ministro dell'Interno: «L'accoglienza è irrinunciabile, basta con le sbruffonate, battiamolo con i fatti». Ma Sala resta un corpo estraneo per il Pd, un manager in prestito alla politica. Al massimo fino al secondo mandato a Palazzo Marino, poi si vedrà.
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