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Sala si smarrisce: "Mai con Di Maio, sì coi 5S"

Il sindaco di Milano consiglia al Pd di allearsi con chi verrà dopo Luigi alla guida dei grillini

Sala si smarrisce: "Mai con Di Maio, sì coi 5S"

Che il sindaco Giuseppe Sala sia un cavallo di razza non c'è dubbio. Certo aiutato dall'aver potuto mettere a frutto i suoi talenti prima alla Bocconi e poi nel terreno fertile del microcosmo Milano: prima da ottimo manager nell'impresa privata, poi da stimato boiardo comunale nella sua esperienza in un'amministrazione di centrodestra come quella di Letizia Moratti messa successivamente a frutto nel successo di un'Expo voluta e conquistata sempre dal centrodestra. E infine traghettando sulle sponde della sinistra per indossare la fascia tricolore di primo cittadino.

Un curriculum a cui ora Sala sembra voler aggiungere un ruolo da protagonista nel palcoscenico nazionale, come dimostrano le sue sempre più frequenti uscite che invece di occuparsi di tombini e periferie allagate, puntano ai grandi temi della politica. Come nell'intervista consegnata ieri alla prima pagina di Repubblica proprio nel giorno in cui il Pd aveva convocato la sua Direzione per cercar di capire che pesci pigliare visti i sondaggi che vanno a picco. «Salvini si può battere. Ecco come», il titolo a caratteri belli grossi che non nasconde certo il suo vero bersaglio: i colonnelli del Pd e non certo il Matteo lumbàrd che per tutta risposta lo ha invitato a candidarsi.

Il problema è che come tutti i purosangue, anche Sala nella sua trance agonistica rischia la rottura sulla dirittura d'arrivo. Perché dire che «va esclusa ogni forma di collaborazione con l'M5s, perlomeno con la guida politica attuale» e poche righe dopo che alle prossime elezioni «noi dovremo essere pronti a costruire alleanze, anche con chi verrà dopo Luigi Di Maio alla guida del movimento», è quantomeno cosa politicamente poco accorta, per non dire una sciocchezza. Perché forse Sala non ha capito che dopo un democristianone come Di Maio, alla guida dei «grillini» arriveranno dei savonarola come Alessandro Di Battista o ancora peggio Roberto Fico. Gente che a Sala l'Expo nemmeno l'avrebbe fatta cominciare e che dopo la sua condanna per «falso», lo avrebbe costretto a dimissioni perpetue e pubblica gogna. E, infatti, subito è arrivata la strigliata del colonnello Pd Carlo Calenda che dopo avergli dato dell'«ottimo sindaco» gli chiede «come si fa a dire: noi vogliamo governare il Paese con un partito che oltre ad insultarci quotidianamente sta governando in modo disastroso».

Tanto per ricordare Sala che il suo vero nemico non è tanto quella «deriva sovranista» che promette di combattere nella prima riga della sua intervista, ma piuttosto gli apparatcik, quei burocrati di partito incistati nei Palazzi che lo aspettano a Roma per fargli la festa.

E questo Sala lo sa bene.

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