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Sala travolto dall'ideologia green

L'invettiva contro il motor show di Milano è un misto sconclusionato di disagio, rancore e ignoranza, indirizzato verso il più totemico oggetto del nostro tempo: l'automobile.

Sala travolto dall'ideologia green

L'invettiva contro il motor show di Milano è un misto sconclusionato di disagio, rancore e ignoranza, indirizzato verso il più totemico oggetto del nostro tempo: l'automobile.

Il tasso di motorizzazione, che sì è molto elevato, non diminuisce pitturando strisce per terra ma offrendo trasporti efficienti e dignitosi. Andare a piedi o in bici è bello ma dipende dal tempo e dalla distanza: agli occhi di tanti è il privilegio dei ricchi che abitano e lavorano in centro e hanno chi gli accompagna i bambini, in auto ovviamente. Mostrare belle automobili nelle vie pedonali non è occupazione ma spettacolo, a giudicare dal numero di visitatori, e perdere questo show è stato il prezzo che i torinesi hanno pagato al sindaco 5 Stelle. Affermare che l'auto sia un'arma è il sigillo dell'ignoranza. Un'arma è un oggetto pensato per offendere. L'incidente stradale, che le moderne auto sono peraltro in grado di evitare, è l'uso poco accorto, non diverso dall'incendio causato dalla stufa. Sull'inquinamento, è noioso ricordare che le auto nuove sono a impatto quasi zero e che il problema sono quelle di trent'anni fa da eliminare. Sul clima, è stucchevole ribadire che seppure le auto europee fossero tutte elettriche e a energia rinnovabile le emissioni di CO2 calerebbero circa dell'1%, mentre la verde agricoltura ne emette il 18%.

Le automobili e il loro uso sono un costo che le persone potrebbero e dovrebbero risparmiarsi? Già, peccato che quei costi siano il guadagno di altri. Proprio questa riflessione svela che il vero punto non è l'eliminazione delle macchine, il cui uso ripensato ci può anche stare nell'evoluzione di un vivere civile, bensì la famosa decrescita infelice. L'idea bislacca che l'uomo possa non sbattersi, prendersela comoda e campare bene lo stesso, con i soldi pubblici. Questi maître à penser disagiati tendono poi a nobilitare la figura di Stato-provvidenza agganciandola all'ideologia marxista, ignorando che quella proponeva l'appropriazione dei mezzi di produzione, non la loro chiusura e tutti-al-mare. Niente, il vecchio adagio senza-denari-non-si-cantano-messe proprio non gli entra.

Il primo e più in difficoltà è ovviamente il sindaco meneghino, che cavalca questo furore popolare facendo credere di realizzare la città dei sogni, o degli incubi: una Milano bucolica dove far tornare le greggi e suonare il flauto. Chissà se i cinghiali romani andrebbero bene lo stesso? Li ha illusi con le strisce colorate, che hanno peggiorato il traffico cittadino e con esso le emissioni inquinanti, per consolidare la sua roccaforte in attesa di dare l'assalto al fortino nazionale.

Poi c'è il dilemma di chi le auto le produce ma non le riconosce, le mostra ma con distacco, perché non trova il coraggio di difenderle e di raccontare la storia vera, di un prodotto mai perfetto ma in continuo miglioramento che serve un'umanità che vuole e deve muoversi, velocemente e anche individualmente.

Stando eretti senza scusarsi, perché il male è altrove.

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