Salah ha il Covid pure se isolato. Processo Bataclan a rischio stop

L'imputato numero uno per gli attentati del 2015 infetto appena prima che le udienze entrino nel vivo

Salah ha il Covid pure se isolato. Processo Bataclan a rischio stop

Come sia entrato in contatto con il Covid da una cella di isolamento resta un mistero. Ma la positività al coronavirus dell'imputato numero 1 al processo per il Bataclan, il terrorista non pentito Salah Abdeslam, cade come un orologio svizzero. La notizia del 32enne franco-belga «malato», confermata ieri dalle autorità transalpine, è pronta infatti a far saltare il calendario delle udienze del tribunale speciale che dovrebbe riprendere i lavori il 4 gennaio a Parigi, e soprattutto l'architrave delle stesse, a partire dall'entità degli interrogatori.

Martedì il processo dovrebbe infatti entrare nel vivo degli attentati che insanguinarono Parigi e Saint-Denis il 13 novembre 2015. Finora il presidente del tribunale, Jean-Louis Périès, aveva avvertito che non si sarebbero affrontati i fatti nei primi mesi, né parlato di religione, imam o moschee fino a gennaio, quando sarebbero scattate le domande che contano all'unico superstite dei commando. I 14 imputati presenti al processo interrotto per le festività - altri 5 sono presunti morti, uno è in Turchia - sono stati chiamati finora a disegnare solo il contesto delle rispettive vite prima degli attacchi (130 morti e oltre 350 feriti). Scelta che ha deluso le aspettative delle parti civili in cerca di risposte. Che invece si son dovute sorbire udienze-show in cui Salah è arrivato persino a invocare il «dialogo», senza rinnegare d'essere «un soldato dell'Isis» né gli attentati.

Se il jihadista franco-belga risulterà positivo la prossima settimana non sarà in grado di presenziare: legali pronti a chiedere un rinvio di un mese. L'avvocatessa Olivia Ronen cela la strategia difensiva dietro un «no comment». Ma è chiaro che qualcosa stia bollendo in pentola. Ed è bufera sui controlli nel carcere di massima sicurezza di Fleury-Mérogis dove Abdeslam vive sotto video-sorveglianza 24 ore su 24.

L'affaire ricorda quello di Ali Rizat Polat, il principale accusato dell'attacco a Charlie Hebdo: udienze sospese causa esposizione al Covid. Il caso Abdeslam è però diverso. In 5 anni e mezzo di detenzione è rimasto isolato in una prigionia dorata fatta di palestra privata e maxischermi tv, Corano e lettere dei fan. Avrebbe sempre rifiutato di vaccinarsi e non ha proferito parola fino a settembre, quand'è iniziato il «processo del secolo».

Si attende il nuovo tampone lunedì. Dal penitenziario potrebbe arrivare l'ennesimo fulmine a ciel sereno. E altro sale sulle ferite dei familiari delle vittime di quell'incubo, che protestano sui social: «Possibile che nella più grande galera d'Europa, con oltre 4mila detenuti, al 27 dicembre c'erano solo 21 positivi tra cui Salah, che vive l'ora d'aria a debita distanza dagli altri?».

Solo 13 persone hanno diritto a vederlo, famiglia compresa. Nei video più recenti, giornate passate a pulire gli alimenti. Un maniaco dell'igiene. Eppure nell'edificio D3 un misterioso cluster è riuscito a raggiungerlo...

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