Coronavirus

Salvini e Di Maio, pressing su Draghi. Il premier cauto sulla revoca dell'emergenza

Via le maschere e basta con i poteri speciali. Quando arriva a Palazzo Chigi, a metà mattina, un Matteo Salvini piuttosto battagliero vuole che Draghi decreti la fine, subito, dello stato di emergenza

Salvini e Di Maio, pressing su Draghi. Il premier cauto sulla revoca dell'emergenza

Roma. Via le maschere e basta con i poteri speciali. Quando arriva a Palazzo Chigi, a metà mattina, un Matteo Salvini piuttosto battagliero vuole che Draghi decreti la fine, subito, dello stato di emergenza e il ritorno immediato alla «libertà di respiro, almeno all'aperto». Ma il premier lo inchioda, dirottando il discorso sul cuore della missione del governo e passando in rassegna, come raccontano da Palazzo Chigi, «gli sviluppi positivi della situazione economica e le prospettive di ripetesse e crescita del Paese». Insomma, spiega Supermario, «stiamo andando bene, evitiamo frenesie e fughe in avanti. Prudenza».

Cosi quando esce, un'ora dopo, il leader della Lega non ha in tasca nessuna delle due richieste, però è contento lo stesso. «Un incontro utile, positivo e costruttivo. C'è sintonia sulle riforme, dalla giustizia al fisco. C'è sintonia sostanzialmente su tutto». E le mascherine? «Non abbiamo parlato di date ma abbiamo condiviso che si tolga presto l'obbligo dell'uso all'aperto. Se non oggi, spero nei prossimi giorni». E lo stato di emergenza? «Scade a fine luglio, quindi ne riparleremo allora. Se l'allarme sarà alle spalle, ne prenderemo atto».

Salvini comunque è ormai di casa a Palazzo Chigi. Il clima dell'incontro è «ottimo», i temi sul tavolo «concreti» e, nonostante le ultime sparate polemiche con la riapertura del fronte dell'immigrazione, i tempi del Capitano con un piede dentro e uno fuori sembrano uno sfocato ricordo. Stavolta poi non c'è una reale materia del contendere, perché è stato il governo nei giorni scorsi a ipotizzare un anticipo della «libertà di respiro» e non sarà una settimana in più o in meno a cambiare le cose. «Ho domandato di correre il più possibile - racconta il segretario del Carroccio - togliendo l'obbligo all'aperto. L'Italia è tutta bianca, tenere il bavaglio è una punizione inutile e ingiusta. In Europa vanno in questa direzione, pure dove sono messi peggio di noi. Hanno tolto le mascherine in Francia, in Germania e non credo che da Israele alla Norvegia siano tutti matti». Persino Luigi Di Maio è d'accordo: «Togliere la mascherina d'estate è l'obbiettivo del governo ed è vicino. Da mesi aspettiamo questo momento. I numeri dicono che stiamo superando la crisi sanitaria, bisogna accelerare».

Draghi invece frena sulla fine dello stato di emergenza, anzi sta pensando di prorogarlo fino al 31 dicembre. Una questione politica secondo il centrodestra, ma che per Palazzo Chigi è prevalentemente tecnica. Lo strumento infatti serve per decidere in fretta eventuali cambiamenti nella lotta al virus e per assicurare continuità alla struttura di Francesco Figliuolo e al Comitato tecnico scientifico. È anche legato, spiegano, al lavoro da remoto, alla dad, alle quarantene, agli aiuti alle categorie.

Salvini non è convinto. «Il piano vaccinale sta correndo, gli italiani si sono comportati benissimo. Quindi io prendo atto della realtà, di uno stato di emergenza che nei fatti non esiste. Contiamo che il generale Figliuolo, che sta agendo in maniera egregia in collaborazione con tutte le Regioni, per fine luglio abbia assolto il suo compito. Il Cts può rimanere in stand-by, non è dobbiamo averlo per sempre, anche se occorre avere ancora prudenza e buon senso».

Deciderà, come al solito, Draghi. Così al leader della Lega non resta che tenere alta la tensione su un altro argomento scivoloso. «Abbiamo parlato pure del lavoro. C'è il tema in sospeso dei tremila locali da ballo, che riguardano centomila tra gestori e dipendenti. E il diritto al divertimento sano e controllato di milioni di giovani.

Domani il Cts si occupa di discoteche, spero in una risposta chiara».

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