Più di lotta che di governo, il Matteo Salvini sbarcato a Strasburgo per dare l'addio al suo mandato da europarlamentare e accreditarsi come vincitore delle elezioni, nonché candidato (per il momento) «unico» del centrodestra a Palazzo Chigi. «Pirotecnico» quanto basta per mandare in bestia i giornalisti accreditati per il supporto di un folto apparato di collaboratori, e provocatorio persino nella sua replica alle proteste: «Ma quanta gente nervosa a sinistra, e se c'è gente nervosa a sinistra io sono contento...».
Ma è soprattutto un Salvini in vena di «trumpismo» nei confronti del Vecchio continente, che sempre più vecchio appare. Calcando la mano sul programma elettorale leghista, specie in tema di rapporti con l'Europa (così da provocare la frenata del leader del Ppe Weber), il capo del Carroccio cerca però di consolidare la sua leadership e mettere a tacere sul nascere le voci sempre più insistenti di un candidato premier più «morbido» di lui per dare sbocco responsabile allo scossone elettorale (Tajani o Maroni). Così Salvini mette subito in chiaro, l'insistenza è sospetta, ciò che più teme. Maroni? «Se il premier sarà della Lega, sarà Matteo Salvini. E se sarà di centrodestra sarà Matteo Salvini». E quindi, sulle alleanze future: «Mai nella vita governerò con Renzi... Inimmaginabili esecutivi con Boschi e Gentiloni. Se qualcuno pensa di inventarsi un governo che escluda coloro che hanno vinto le elezioni per attuare le politiche suicide della Ue, ha sbagliato a capire, il voto non ci fa paura. Se ci saranno i numeri bene, altrimenti non ho smanie di andare al governo con chiunque, annacquando il programma e facendo inciuci». Con M5s? «I programmi sono molto diversi; l'obbiettivo è un governo di centrodestra... Chi vivrà vedrà, senza numeri al governo non ci vado».
Ma è sui temi più «urticanti» per le orecchie europee, che il leader leghista sceglie di partire a razzo. «L'euro era, è e rimane una moneta sbagliata», dice. Non esiste un'uscita «solitaria e improvvisa possibile: non è auspicata né auspicabile». In soffitta va pure il referendum per decidere il da farsi. Al piano B, spiega, ci stanno lavorando «i nostri esperti, vogliamo ri-contrattare il nostro modo di stare in Europa... Le parole hanno il loro peso: Comunità europea era una comunità di eguali; Unione europea è qualcosa che cancella, distrugge... E penso che i distruttori siano quelli che siedono in Commissione europea in questo periodo». Per cui, nel piano di battaglia salviniano, andranno riviste molte direttive, tipo la Bolkenstein, «che mette a rischio 300mila posti di lavoro», quella sulle banche, «che danneggia i risparmiatori». Non solo: anche il tetto del 3% tra deficit e Pil «è una di quelle regole scritte a tavolino che, se fanno star bene i cittadini siamo contenti di rispettare, ma se in nome di quei vincoli dobbiamo licenziare, chiudere e precarizzare, no». Salvini vuole ridiscutere vincoli, parametri, tagli, politiche commerciali e quelle agricole. Ed è pronto a minacciare il taglio dei trasferimenti dell'Italia al bilancio della Ue. «A fronte di eventuali e generalizzati no, no, no - promette - prima ridiscutiamo il budget di 20 miliardi di euro che l'Italia assegna all'Ue, poi revisioniamo le politiche monetarie, e non ci porremo limiti... L'ultima cosa che farò sarà aumentare Iva, tasse e accise... Contratteremo con Bruxelles un modo sereno e reciprocamente utile di stare nell'Unione». Da rivedere anche le politiche sull'immigrazione, naturalmente.
Salvini si richiama alla sintonia con l'ungherese Orban («bisogna difendere i confini esterni»). Cambio di rotta infine nei riguardi della Russia e della Turchia. Vaste programme, avrebbe detto un grande della destra europea, il generale De Gaulle.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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