Salvini scalpita e minaccia: "O ci fanno partire o si vota"

L'irritazione del leader della Lega: "Noi siamo pronti". Poi blinda Savona: "Mi piace, dice che la Ue non va"

Salvini scalpita e minaccia: "O ci fanno partire o si vota"

Non esiste alcun piano B. Soprattutto se questo piano B si chiama Luigi Di Maio.

Matteo Salvini tiene il punto sul nome di Giuseppe Conte per la premiership anche perché se dovesse cadere l'ipotesi del professore pugliese a Palazzo Chigi cadrebbe tutta l'impalcatura costruita dopo lunghi giorni di trattative con i Cinquestelle. E soprattutto tenta di blindare Paolo Savona come possibile ministro dell'Economia, «un sardo, un economista, un esperto, con solida base di studi e di lavoro. Che torto ha, secondo qualche giornalista o politico? Ha osato dire che così l'Ue non va bene, disse: occhio è una gabbia studiata dai tedeschi. Savona mi piace molto, è una garanzia per gli italiani». E poi l'affondo: «Squadra e governo sono pronti. Se non possiamo partire allora a quel punto meglio votare e vi chiediamo la maggioranza per governare da soli».

Se il leader leghista tenta di accelerare e forzare la mano, completare il puzzle resta tutt'altro che facile. Salvini dopo aver incontrato Di Maio per tutta la giornata si è tenuto in contatto con Giancarlo Giorgetti, il vero pontiere per i rapporti con il Quirinale. La Lega veicola una sola tesi: l'accordo è blindato. Il leader della Lega avrebbe anche rintuzzato qualche dubbio insinuatosi nella resistenza di Di Maio alle pressioni esterne. Al suo nuovo alleato Salvini ribadisce che le indicazioni di Conte e Savona sono legate e non possono essere messe in discussione.

Alla fine la linea resta quella di domenica: Conte resta la scelta di Lega e Cinquestelle per il ruolo di presidente del Consiglio, «questa è l'indicazione che abbiamo dato». E il Carroccio continua a non prendere in considerazione l'ipotesi Di Maio: «Lo abbiamo detto e lo ripetiamo», ribadisce Salvini. Per la Lega poi indicazione secca su Paolo Savona con i due leader come vicepremier e garanti del patto.

Quanto alle presunte perplessità del Colle, «non ho sentito nessuno dal Quirinale. Ieri Mattarella ci aveva detto che avrebbe fatto passare la giornata di oggi, non è una novità di oggi». M5s e Lega stanno «lavorando ai progetti, siamo pronti. Io avrei cominciato già oggi ma aspettiamo i tempi che dobbiamo aspettare». E interpellato sull'ipotesi che a guidare il Mef vada Savona, Salvini replica: «Non facciamo noi i nomi dei ministri ma a me piacerebbe molto, la sua storia è una garanzia per 60 milioni di italiani». E le presunte perplessità del Colle, «a me non arrivano».

Un nodo, quello dell'Economia, comunque intricato, tanto che l'alternativa rappresentata da Giancarlo Giorgetti non viene ancora esclusa, anche se il numero due di Salvini si vede in un ruolo più politico, da sottosegretario alla Presidenza e non sarebbe intenzionato ad accettare una eventuale proposta per il ministero di Via XX Settembre.

Salvini e Di Maio ieri hanno parlato della squadra di governo, «in un clima sereno e costruttivo». L'attesa è per le valutazioni del capo dello Stato e la preoccupazione è per l'affondo che arriva sempre più insistentemente dall'Europa, per le critiche mosse al premier designato per la vicenda del curriculum e per aver difeso uno dei casi simbolo di Stamina.

Di certo di fronte

all'indicazione congiunta di Lega e Cinquestelle il fatto che Conte non sia stato ancora convocato da Sergio Mattarella suscita realistiche preoccupazioni. Una decantazione che lascia presagire un finale di partita ancora tutto da decifrare.

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