Roma Nel caso Diciotti irrompe a gamba tesa il Csm. Ieri la maggioranza dei togati dell'organo di autogoverno della magistratura ha chiesto al comitato di presidenza di aprire una pratica a tutela dei magistrati del tribunale dei ministri di Catania che hanno chiesto l'autorizzazione a procedere per Matteo Salvini. Solo Magistratura indipendente non ha sottoscritto l'appello mentre Area, Unicost e Autonomia indipendenza hanno denunciato la «violenta campagna denigratoria» avviata da Salvini che apre al «rischio di delegittimazione» dei magistrati etnei, citati anche per nome nelle esternazioni social del vicepremier.
Salvini, ieri, ha lanciato un segnale di pace alle toghe. Omettendo qualsiasi riferimento alla magistratura nella memoria difensiva consegnata al presidente della Giunta delle immunità Maurizio Gasparri. A presentare il documento una nota, che spiega tra l'altro, in maniera esplicita, come la memoria «non contenga attacchi di sorta ai giudici». La prova provata del tentativo di seppellire l'ascia di guerra con i magistrati, e la dimostrazione della scelta fatta dal titolare del Viminale di cambiare marcia e scegliere, nella difesa dalla richiesta del tribunale dei ministri etneo, una linea morbida. E anche un modo per spegnere sul nascere rumors e anticipazioni di stampa che ipotizzavano che la memoria fosse un nuovo capitolo nel braccio di ferro in atto tra Salvini e le toghe. E invece no. Il documento non solo glissa sui magistrati ma evita anche letture politiche della crisi della nave. Così il ministro spiega, nel documento, che la sua azione sulla Diciotti era «doverosa», in quanto «coerente con la politica dello Stato sui flussi migratori» e con il «contratto di governo», ed è stata adottata nell'esclusivo interesse della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. A riprova, il ministro cita fonti che testimoniano un «dirottamento di fatto» della nave Diciotti effettuato dalle autorità maltesi verso l'Italia. Nel documento, poi, viene ripercorsa appunto la strada imboccata dal governo, quella di richiamare l'Europa per rendere efficaci le chiacchiere sulla redistribuzione dei migranti, nel cui dibattito era emersa anche l'esigenza italiana di rendere non solo tricolori i porti di sbarco delle navi. Insomma, una memoria squisitamente «tecnica», quella di Salvini, tesa a spiegare come, nell'analizzare quella vicenda, si debba capire che «non si era in presenza di una mera personale iniziativa politica del ministro, bensì di una iniziativa dello Stato italiano (governo) conforme a una precedente prassi che si è consolidata a livello di consuetudine». E non è certamente un caso che la memoria, consegnata ieri a Gasparri a Sant'Ivo alla Sapienza, sia stata presentata insieme a due lettere.
La prima è del premier Giuseppe Conte e la seconda è firmata dall'altro vicepremier, Luigi Di Maio, e dal titolare del Mit Danilo Toninelli. Due missive che spiegano come la linea scelta da Salvini sull'immigrazione sia condivisa da tutto l'esecutivo, confermando di fatto la memoria.
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