Sangermano nel tritacarne "Vuol fare eliminare un collega"

Magistrati scatenati con il vicepresidente Anm, reo di aver attaccato Davigo su un giornale sgradito

Sangermano nel tritacarne "Vuol fare eliminare un collega"

I più garbati sono i colleghi che lo invitano a rimangiarsi tutto. Poi ci sono quelli che chiedono le sue dimissioni immediate. E in cima al mucchio una giudice in servizio a Torino, che lo accusa nientemeno che di avere posto le basi per l'omicidio di Piercamillo Davigo.

Sono una lettura interessante, le mail piovute nelle ultime ore sulla lista dell'Associazione nazionale magistrati, dopo l'intervista che il vicepresidente della Anm stessa - Antonio Sangermano, procuratore della Repubblica per i minorenni a Firenze - ha rilasciato sabato al Giornale. Una categoria che aveva assistito imbelle o plaudente ai proclami da feindstraftrecht lanciati da Piercamillo Davigo quando era presidente dell'Anm, adesso se la prende in massa con Sangermano: colpevole innanzitutto di avere accettato di parlare con un giornale cattivo, poi di avere criticato Davigo, infine di essersi dichiarato contrario allo ius soli, alle adozioni gay e alla marijuana libera. E, peccato capitale, di avere sostenuto che la cacciata di Silvio Berlusconi dal Parlamento in base alla legge Severino è illegittima, perché applica retroattivamente una legge penale. Insomma, di essere andato contro al confortevole tran tran ideologico caro a molte toghe.

Il primo a sollevare il tema è Roberto Aniello, sostituto procuratore in Cassazione: «Non condivido nessuna delle affermazioni fatte da Sangermano», scrive, «vorrei sapere se si tratta di una posizione personale (esposta però in qualità di vicepresidente dell'Anm) o della linea dell'Anm». Lo rassicura Manuela Fasolato, anche lei nel vertice dell'associazione: «Sia il presidente di Anm che i membri di Area (la corrente di sinistra, ndr) hanno contestato a Sangermano che quando parla con i giornalisti deve essere ben chiaro e non consentire alcun equivoco. La cosa è delicata in considerazione degli argomenti trattati e delle idee espresse non condivisibili da molti, tanto più ospitato in un quotidiano di quel tipo». Anche Mario Ardigò, giudice a Roma, sembra considerare un'aggravante avere parlato con un quotidiano non allineato: «Le dichiarazioni a Il Giornale? È la stampa che ci è avversa. E si vede da come ha riportato le dichiarazioni di Sangermano».

«Non finirò mai di stupirmi», scrive il giudice Mario Fiore, che prende risolutamente le difese di Davigo e delle sue dichiarazioni pubbliche, «strumentalizzate da certa avvocatura, dal mondo politico e oggi incredibilmente anche dal numero 2 dell'Anm». «Attendo smentite», scrive Matteo Centini.

Smentite che, ovviamente, non arrivano, vista la fedeltà con cui il Giornale ha riportato le dichiarazioni di Sangermano. E così sul vicepresidente dell'Anm cala dapprima l'anatema classico dell'inciucio, poi l'accusa finale, ovvero di avere creato - osando criticare Davigo e il suo «populismo giudiziario» - le condizioni per la sua «eliminazione». Scrive il magistrato Andrea Reale: «È il nuovo stile di Unicost (la corrente moderata, ndr) e dell'Anm post-davighiana, un modo di contrapporsi al populismo giudiziario e di tenersi stretto il fidato interlocutore politico, pronti nuovamente a collaborare alla prossima grande riforma della giustizia.

Questo il prezzo dell'inciucio e delle grandi intese». E Caterina Mazzitelli, giudice di corte d'Appello a Torino: «Creare una atmosfera negativa attorno a un magistrato è molto pericoloso. I magistrati che danno davvero fastidio storicamente sono sempre stati eliminati».

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