"Non escludiamo nulla", avverte Maurizio Landini dal corteo Democrazia al lavoro. Il segretario generale della Cgil torna a minacciare mobilitazioni e annuncia una petizione per una legge a difesa della sanità pubblica come diritto universale. Tuttavia, a leggere i numeri della manovra 2026, la denuncia del sindacato appare più ideologica che fondata. Il Fondo Sanitario Nazionale (Fsn) salirà infatti a 142,9 miliardi di euro, con un incremento di 6,5 miliardi rispetto al 2025, segnando un record storico. Dal 2022 a oggi la crescita cumulativa supera i 17 miliardi, un ritmo di espansione che non si registrava da oltre un decennio.
La manovra non si limita a mettere soldi, ma punta su interventi strutturali per rafforzare la capacità operativa del Servizio sanitario nazionale. Uno degli assi principali riguarda le liste d'attesa, tra le emergenze più sentite dai cittadini. Il governo stanzia 246 milioni per aumentare il tetto di spesa verso gli erogatori privati accreditati, così da utilizzare pienamente la rete convenzionata e ridurre i tempi di accesso a visite e diagnostica. Non si tratta di privatizzazione, ma di efficienza: l'obiettivo è garantire che chi ha bisogno di una risonanza o di un intervento possa ottenerlo entro tempi certi, sempre a carico del pubblico.
Un altro pilastro riguarda l'adeguamento tariffario. Per la prima volta dopo anni, vengono aggiornati i rimborsi riconosciuti alle strutture sanitarie, con una revisione che interessa ricoveri e riabilitazione, ricoveri per acuti e prestazioni ambulatoriali e protesiche. Si tratta di un'operazione di riequilibrio che evita il collasso economico delle strutture e garantisce la qualità delle cure. Molti ospedali segnalavano da tempo che le tariffe non coprivano più i costi reali; ora il governo risponde con un intervento organico, allineando sanità pubblica e accreditata alle nuove esigenze del sistema.
Un terzo capitolo riguarda la governance di farmaci e dispositivi medici. La manovra prevede un incremento del tetto di spesa per i dispositivi, misura che attenua l'impatto del contestato payback e garantisce stabilità al mercato dei fornitori. Sul fronte farmaceutico, arrivano risorse aggiuntive per rideterminare i tetti della spesa convenzionata e degli acquisti diretti. Interventi tecnici ma fondamentali, che significano meno contenziosi, maggiore continuità di forniture e minore rischio di carenze.
Una parte rilevante del nuovo stanziamento, circa il 30% dell'incremento complessivo del Fsn, è vincolata a questi interventi specifici. In altre parole, la manovra 2026 non disperde risorse, ma le destina dove servono: liste d'attesa, tariffe, farmaci, dispositivi. È la logica del denaro con missione, non della spesa indistinta.
I detrattori insistono sull'indicatore spesa sanitaria/Pil, ma è un argomento fuorviante: se il Pil cresce, la percentuale scende automaticamente, anche con fondi in aumento. E i fondi, infatti, crescono. Nel 2024 la Corte dei Conti ha certificato una spesa sanitaria record di 134 miliardi, già superata nel 2025 e destinata a salire ancora. Parlare di tagli è dunque un errore fattuale.
Il confronto storico è impietoso: tra il 2012 e il 2019 furono sottratti o mai erogati circa 37 miliardi previsti per la sanità, in gran parte durante governi sostenuti proprio dal fronte progressista. Oggi, invece, si registrano aumenti costanti, accompagnati da una visione di sistema che valorizza la collaborazione pubblico-privato e il miglioramento dell'efficienza regionale.
In definitiva, la piazza della Cgil lancia slogan, ma la legge di Bilancio 2026 racconta un'altra storia: quella di un governo che, pur in un quadro di prudenza fiscale, investe nella
sanità in modo mirato segnando nuovi record. La sanità non si difende a colpi di megafono, ma con conti in ordine e risorse vere. E, una volta tanto, i numeri - freddi, concreti e verificabili - sono dalla parte del governo.