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Sanità, la Grillo fa la scenetta. Ma i tagli sono una certezza

Il ministro: "Passino sul mio cadavere". Primi segnali: tolta dal dl Semplificazioni la norma pro assunzioni

Sanità, la Grillo fa la scenetta. Ma i tagli sono una certezza

Allarme rosso per la tenuta del servizio sanitario nazionale, ssn. Il governo con l'ultima legge di Bilancio si è infilato in un tunnel alla fine del quale c'è soltanto il temuto aumento dell'Iva. Evitabile soltanto a carissimo prezzo ovvero attraverso pesantissimi tagli per diversi di miliardi al sistema sanitario pubblico. Meno assunzioni, meno prestazioni, meno servizi per i cittadini. La segnalazione arriva dall'Ufficio parlamentare di bilancio nel rapporto per il 2019. Per l'Upb nel 2020-2021 c'è il rischio che la spesa sanitaria possa essere «oggetto di riduzioni consistenti» per sterilizzare l'aumento dell'Iva. Si osserva che i dati sull'andamento dell'economia hanno «accresciuto i fattori di rischio nel breve termine» e che la politica economica elaborata da M5s e Carroccio presenta «criticità» rispetto al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica. In particolare per aggirare lo scoglio delle clausole di salvaguardia che prevede aumenti dell'Iva, si ragiona nel Rapporto, non andranno toccati gli investimenti e tanto meno le prestazioni sociali, ovvero il provvedimento simbolo di questo governo: il reddito di cittadinanza. Dunque per esclusione «la spesa residua aggredibile, rappresentata in buona parte dalla spesa sanitaria, sarebbe oggetto di riduzioni consistenti». L'Upb calcola che le riduzioni della spesa sanitaria rispetto al tendenziale corrisponderanno a circa 170 milioni nel 2020 e a 1 miliardo nel 2021. Di quanto diminuirebbe dunque la spesa sanitaria corrente? Se si parte dalla stima tendenziale elaborata nelle note di aggiornamento del Def e tenendo conto degli effetti della legge di bilancio, alla luce dei dati sul Pil programmatico aggiornati, la spesa sanitaria corrente diminuirebbe dal 6,6 del prodotto del 2018 al 6,3 nel 2021. «Si confermano quindi politiche allocative che implicano una perdita di terreno del comparto sanitario rispetto alla crescita del prodotto nominale» è l'inevitabile verdetto.

Messo di fronte a questa ipotesi subito il premier Giuseppe Conte ha alzato le mani. «Con specifico riguardo alle politiche sanitarie posso assicurare che come governo faremo il massimo, come stiamo già facendo, per garantire la tutela del diritto alla salute, per garantire l'accesso alle cure a tutti e che da Nord a Sud sia assicurata uniformità nei livelli essenziali di assistenza», promette Conte che rilancia pure sulle «liste d'attesa che debbono essere assolutamente abbreviate».

Il ministro della Salute, Giulia Grillo poi è disposta addirittura ad immolarsi: «Devono passare sul mio cadavere per toccare la spesa sanitaria - minaccia - Sarebbe folle, come se in una famiglia non si investisse nella cultura dei figli. La scelta peggiore».

Ma oltre le dichiarazioni d'intenti ci sono i fatti che vanno esattamente nella direzione indicata dall'Upb. È la Cgil a denunciare che anche sul Decreto Semplificazioni è calata una «manina» che ha cancellato l'emendamento proposto dal governo al fine di eliminare il tetto di spesa per le assunzioni del personale del ssn ovvero l'1,4% sulla spesa del personale fissato nel 2004. A conferma dei timori espressi nel Rapporto Upb dove si prevede a causa dell'accelerazione delle uscite per pensionamento rispetto a quelle già previste una drammatica «insufficienza delle risorse umane per il ssn».

Il ministro Grillo si dice «molto arrabbiata» per l'eliminazione di questo emendamento «che la maggioranza vuole a tutti i costi». Ma allora chi lo ha cancellato?

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