Sanità più cara, Italia divisa Al Sud 1 su 5 non può curarsi

Rapporto dell'Università cattolica: spesa per la salute in crescita, metà del Paese non può permettersela

Sanità più cara, Italia divisa Al Sud 1 su 5 non può curarsi

Non siamo tutti uguali di fronte alla malattia. Luogo di residenza e condizioni economiche fanno la differenza tra la vita e la morte.

A confermare ancora una volta che in Italia la sanità non è uguale per tutti e funziona a due velocità è il rapporto Osservasalute curato dall'Università Cattolica di Roma. Al sud una persona su cinque confessa di non avere i soldi per pagarsi le cure. Una percentuale preoccupante, addirittura quadrupla rispetto a quella rilevata nelle regioni settentrionali. E anche la mortalità «prevenibile attraverso adeguati interventi di sanità pubblica è drammaticamente più elevata nelle regioni meridionali: la Campania e la Calabria, sono le regioni che nel quadro complessivo mostrano il profilo peggiore», è scritto nel rapporto. «Dal punto di vista della sanità, il Sud d'Italia è come se fosse un Paese diverso. Lì ci sono indicatori sanitari inferiori a Paesi come la Tunisia -avverte il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Walter Ricciardi- Serve un Piano Marshall per la sanità del Sud».

Continua ad aumentare la spesa privata dei cittadini che per curarsi devono mettere mano al portafogli. La media nazionale nel 2015 corrisponde ad una spesa di 588 euro ed è in continua crescita: nel 2005 era di 477 euro. Onere per le famiglie che cresce in tutte le regioni, con un tasso che va dallo 0,6 della Lombardia al 3,7 della Basilicata. Nel 2015 la spesa privata pro capite più alta si registra in Valle d'Aosta con 948 euro e la più bassa in Sicilia con 414.

Anche la spesa sanitaria pubblica sale ma resta comunque più bassa rispetto a molti paesi Ue. La media nazionale per la spesa sanitaria pubblica pro capite corrisponde 1.845 euro.

Dove il sistema sanitario funziona e c'è maggiore benessere si registrano meno morti per patologie oncologiche o malattie croniche come il diabete e l'ipertensione. Osservasalute rileva che nel 2015, la provincia autonoma di Trento è stato registrato il valore più basso, 195,6 ogni 10.000 abitanti mentre la Campania vanta il triste primato di quello più alto, 297,3 sempre per 10.000 abitanti. Dunque il tasso di mortalità per malattia in Campania è più alto del 22 per cento rispetto a quello nazionale e del 14 rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno. Non stupisce quindi che la Campania sia la regione dove la speranza di vita alla nascita è più bassa in confronto al resto d'Italia, 78,9 anni per gli uomini e 83,3 anni per le donne contro una media di 80 anni per gli uomini e 85 per le donne. Differenze sempre esistite e che nel corso degli anni non solo non si sono colmate ma anzi sono peggiorate, avverte Osservasalute.

L'altro fronte di preoccupazione è la progressiva diminuzione dei medici del servizio sanitario nazionale che è in costante riduzione dal 2012: da 109.151 unità nel 2012 a 105.526 unità nel 2015 meno 3,3. Un dato con il segno meno anche in rapporto alla popolazione che pure diminuisce. Sempre di meno anche gli infermieri da 271.939 nel 2012 a 266.330 nel 2015. Un dato tanto più preoccupante rispetto all'invecchiamento progressivo della popolazione con l'aumento inevitabile dei malati cronici e delle persone non autosufficienti. Il 30,3 per cento degli over 65 non è in grado di usare il telefono e neppure di prendere le medicine.

Una larga fetta di popolazione che non sa o non può gestire le risorse economiche, preparare i pasti, fare la spesa, svolgere attività domestiche.

L'ultimo allarme riguarda l'aumento delle persone obese. Nel 2016 più di un terzo della popolazione adulta, il 35,5 è in sovrappeso e poco più di una persona su dieci è obesa, 10,4.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica