Scandalo in Vaticano. Monsignore in manette per pedopornografia

Carlo Alberto Capella era stato accusato dalle autorità degli Stati Uniti e del Canada

Scandalo in Vaticano. Monsignore in manette per pedopornografia

Roma - Altra tegola per Papa Francesco e nuovo scandalo in Vaticano. Ieri è stato infatti arrestato monsignor Carlo Alberto Capella, ex funzionario della Nunziatura di Washington (il numero tre della sede diplomatica vaticana), con l'accusa di possesso di materiale pedopornografico.

È stato il promotore di giustizia, il giudice istruttore del Tribunale della Santa Sede, Gian Piero Milano, a emettere il mandato di cattura, eseguito ieri dagli uomini della Gendarmeria vaticana, guidata dal comandante Domenico Giani. Il vescovo, riferisce una nota della sala stampa della Santa Sede, è ora «detenuto in una cella della caserma del Corpo della Gendarmeria, a disposizione dell'autorità giudiziaria».

L'arresto giunge al termine di una indagine messa in atto dopo la denuncia arrivata per via diplomatica dal governo degli Stati Uniti. Ora monsignor Capella rischia fino a cinque anni. Il capo di imputazione, infatti, è pesante: «possesso ingente di materiale pedopornografico». Il reato è previsto dalla Santa Sede dalla legge VIII del 2013, negli articoli 4, 10 e 11, che riguarda il reato di pedopornografia.

In particolare, il comma 3 dell'articolo 10 stabilisce che «chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, trasmette, importa, esporta, offre, vende o detiene per tali fini, materiale pedopornografico, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'addestramento o allo sfruttamento sessuale dei minori, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a 50mila». Il comma 5 prevede poi che la pena sia «aumentata ove il materiale sia di ingente quantità».

Le indagini sul conto del prelato erano iniziate nell'agosto del 2017 quando il dipartimento americano aveva notificato al Vaticano, per via diplomatica, la possibile violazione delle norme in materia di immagini pedopornografiche da parte di un membro del corpo diplomatico della Santa Sede. Poche settimane dopo anche il Canada aveva emesso un mandato di arresto per il vescovo, con l'accusa di possesso e distribuzione di materiale pornografico, per fatti che sarebbero avvenuti tra il 24 e il 27 dicembre del 2016 a Windsor, in Ontario. Secondo le accuse della polizia, il vescovo avrebbe in quei giorni utilizzato il computer della chiesa locale per scaricare e diffondere il materiale.

Monsignor Capella, nato a Milano ma di origine emiliana, 50 anni, è stato ordinato sacerdote presso la diocesi ambrosiana. Fino al 2015 aveva lavorato come officiale presso la Segreteria di Stato nella Sezione per i Rapporti con gli Stati. Si era tra l'altro occupato anche dell'accordo in materia fiscale tra la Santa Sede e l'Italia. È stato successivamente inviato come secondo segretario nella prestigiosa sede diplomatica di Washington. Proprio qui, nella nunziatura apostolica, avrebbe poi compiuto i suoi reati.

Dopo le accuse arrivate dalle autorità degli Stati Uniti e del Canada, il cardinale Pietro Parolin, braccio destro di Papa Francesco, aveva dichiarato che si trattava di una «vicenda dolorosissima, una prova grande per tutti quelli che sono coinvolti».

Monsignor Capella sarà ora processato dal Tribunale penale vaticano.

E così, dopo Vatileaks 2 e gli arresti di monsignor Vallejo Balda e di Francesca Immacolata Chaouqui per la divulgazione di documenti e materiale riservato, adesso si presenta un nuovo grattacapo per Bergoglio. Che proprio prima che scoppiasse il caso Capella aveva tuonato contro la pedofilia.

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