Scene di lotta di classe. Bufera sulla scuola che divide ricchi e poveri

Sul sito dell'Ic Trionfale: «Un plesso ospita l'alta borghesia, l'altro i figli delle loro colf»

Scene di lotta di classe. Bufera sulla scuola che divide ricchi e poveri

S cene di lotta di classe. Classe che non è acqua ma è proprio un'aula scolastica. A Roma Nord, luogo iconografico dei conflitti sociali tra ricchi, poveri e quelli che si barcamenano in mezzo.

Sembra una scena di Parasite, il bellissimo film di Bong Joon-ho che mette in scena tra dramma e commedia grottesca le due Seul, quella dei salvati e quella dei sommersi, i primi ricchi e svagati, i secondi poveri ma svegli, e che quindi decidono di sfruttare i privilegiati. Ma qui non siamo al cinema, ma dentro una scuola, luogo educativo e inclusivo per eccellenza: l'istituto comprensivo Trionfale, a Roma Nord, appunto. Una scuola puzzle, composta da quattro plessi sparsi tra due municipi di Roma (il XIV e il XV) che accolgono 5 sezioni di scuola dell'infanzia, 39 classi di scuola primaria e 8 classi di scuola secondaria di I grado.

Dentro questa giungla urbana c'è naturalmente di tutto, il bello e il brutto, la miseria e la nobiltà. Ma c'è bisogno di dirlo espressamente? Evidentemente sì se una cronista di un quotidiano di free press, Leggo, ha scovato questa bizzarra presentazione della scuola, sul sito della stessa: «L'ampiezza del territorio rende ragione della disomogeneità della tipologia dell'utenza che appartiene a fasce socio-culturali assai diversificate». E cioè, nel caso non aveste capito: «La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il Plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana; il plesso di via Vallombrosa, sulla via Cortina d'Ampezzo, accoglie, invece, prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell'alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)». Simili? Simili a cosa, esattamente?

Un vero capolavoro di classismo, o forse ancora di più: di neorealismo fuori tempo massimo. Un pezzo del libro Cuore con i Franti tutti da una parte e i Derossi tutti dall'altra, ben distinti per non rischiare equivoci e contaminazioni. Quale spinta elevata avrà fatto pensare all'oscuro estensore di questo capolavoro che fosse una buona idea farlo? E soprattutto a quale scopo? Che genere di informazione è per il pubblico che legge questa scheda sapere che esistono plessi da ricchi e plessi da poveri? Quale utilità apporta? Orientare le iscrizioni nelle varie sezioni come si trattasse di prenotare un volo in economy o in business class? La dirigente scolastica, che risponde al nome di Annunziata Marciano e vanta un ricco curriculum di pubblicazioni di alto profilo pedagogico, ha forse visto troppi film di Ken Loach e vuole a suo modo far capire alla sua possibile utenza che non c'è niente da fare, anche nel 2020 bisogna schierarsi, o con gli abbienti o con chi pulisce le loro case e guida le loro automobili?

Naturalmente sulle frasi del sito, sul «manifesto della scuola ottocentesca» si è scatenata la polemica delle anime belle e anche di quelle un po' racchie, che hanno tutti a una sola voce condannato questa strana accuratezza antropologica. E poche ore dopo nel sito la frase della discordia era stata espunta, peraltro in malo modo visto che una riga bianca di troppo evidenziava l'avvenuta cancellatura. «Nessun intento discriminatorio ma una mera descrizione socioeconomica del territorio», la giustificazione della scuola.

L'unico pregio di questa bizzarra vicenda è aver fatto venire allo scoperto la neoministra dell'Istruzione Lorenza Azzolina: «Descrivere e pubblicare la propria popolazione scolastica per censo non ha senso - spiega la pentastellata -.

Mi auguro che l'istituto romano di cui si racconta oggi su leggo.it possa dare motivate ragioni di questa scelta. Che comunque non condivido». Copiamo e incolliamo, cosa che la ministra pare sappia fare altrettanto bene.

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