Scioperi e cortei per boicottare le (altre) donne

di Annalisa Chirico

D iciamo la verità: l'8 marzo è già una festa del piffero, se poi ci aggiungi le caramelle al limone e certi scioperi senza senso la tentazione del cambio di sesso diventa irresistibile. Sono stati giorni duri, lo ammetto. Per cominciare, in procinto di salire sull'ennesimo convoglio (lunga vita all'alta velocità), ho appreso che Trenitalia intendeva farmi omaggio, in quanto cliente femmina, di una caramella al limone; ho sbarrato gli occhi di fronte a un maschio incolpevole: «No, grazie, per me niente bonbon». Io non voglio queste maledette caramelle, e le mimose le detesto, mi piace il bianco, l'orchidea bianca, questo tripudio di giallo mi disturba la vista. Forse non sei abbastanza donna, ho pensato.

E ho appreso che per chiedere più diritti e dire basta violenze alcune organizzazioni sindacali hanno indetto uno sciopero dei trasporti di 24 ore. Un movimento femminista è andato oltre: stop al lavoro domestico e di cura, pagato e non. Non siamo allo sciopero di Lisistrata, all'ordine perentorio di astinenza sessuale come forma suprema di ricatto, ma il futuro nulla esclude.

Ho sempre considerato una peculiarità tutta femminile quella di saper essere animali multitasking: soltanto noi donne siamo capaci di coordinare una conference call in ufficio mentre su whatsapp interveniamo nel gruppo «mamme della classe» per il picnic del weekend, e intanto scegliamo il ristorante per la sera acquistando calze e asciugamani sul sito di e-commerce. Soltanto noi donne siamo capaci di tenere tutto insieme abbracciando la simultaneità come stile di vita: perché distribuire le cose in sequenza diacronica, le une dopo le altre, quando puoi risparmiare i secondi, i minuti, le ore? Il tempo è denaro, lo sanno bene le donne che lavorano, oggi più di ieri, che curano la carriera e la manicure con pari attenzione, e che vorrebbero poter contare sul welfare che non c'è, sugli asili nido che scarseggiano, sulla parità salariale, vero privilegio dei nostri tempi.

A dirla tutta, le richieste avanzate da certe frange rosa shocking sembrano quantomeno opinabili: nel comunicato diffuso dall'Unione sindacale di base e dalla Confederazione unitaria di base, per esempio, si rivendica il «diritto ai servizi pubblici gratuiti, al reddito universale e incondizionato». Ma, prima ancora del merito, desta perplessità il metodo: l'astensione dal lavoro per chiedere più lavoro è un palese controsenso. Le donne vogliono lavorare, lasciatecelo fare senza ridicole messinscene.

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