La scissione democratica può finire in tribunale

Emiliano evoca le «carte bollate»: «Se non si fa il congresso è Renzi a violare lo Statuto»

La scissione democratica può finire in tribunale

Ogni giorno porta la sua pena a Matteo Renzi. L'ultima viene da Michele Emiliano, che minaccia la scissione e «carte bollate» se non si va ad un congresso anticipato dei dem, confermando la sua ambizione di strappare la leadership all'ex premier: «Se sarà necessario - dice - mi candiderò alla segreteria del Pd».

Il giorno prima era stato Massimo D'Alema a frenare la corsa alle elezioni, spiegando che in questo caso «ciascuno sarà libero» e spronando i «riservisti» a tenersi pronti. Ora il presidente della Regione Puglia ricorda che con il «lider Maximo» in passato si è scontrato, ma ora riconosce che su Renzi «aveva ragione».

Emiliano non si è fatto vedere all'Assemblea nazionale degli amministratori locali dem di Rimini, dove sabato Renzi è ricomparso in pubblico, mentre c'era il leader della minoranza Roberto Speranza, aspirante segretario numero 1. Da quelle parti, però, si sottolinea che «non c'è nessuna trattativa» in corso, in cambio di posti.

Chi cerca di contrastare divisioni interne è il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio. Smentisce che Matteo possa non correre da premier e di poter essere proprio lui il candidato a Palazzo Chigi. «Per statuto», spiega, è il segretario del Pd e Matteo è l'uomo «giusto. Poi avverte: «Chi lavora contro l'unità fa un cattivo servizio al Paese e ai cittadini. Uniti siamo tutto, divisi nulla».

Contro le spinte alla scissione, anche Matteo Orfini attacca duramente D'Alema: «Ha detto arrivano i riservisti: siamo un partito strano, perché i riservisti vengono chiamati a dare una mano, noi siamo gli unici in cui danno una mano all'avversario». Il presidente del Pd parla di «dibattito surreale sul nostro passato, si rimpiange la stagione dell'Ulivo, addirittura dell'Unione» e aggiunge su D'Alema: «Il mondo è rotondo e, a forza di spostarti a sinistra, ti ritrovi a destra come Trump».

Il comune antirenzismo avvicina D'Alema ed Emiliano. Il governatore accusa Matteo di non rispettare lo statuto e non voler andare al congresso, dunque di essere lui a volere la scissione. «Se Renzi è certo di avere il 40%, faccia il congresso, noi faremo la minoranza». Poi annuncia che in settimana comincerà a raccogliere le firme tra gli iscritti, utilizzando tutti gli «strumenti statutari» per costringere Renzi a fare il congresso. Raccolta firme referendum. Su Twitter anche Francesco Boccia invoca un referendum tra i dem e «autoconvocazioni militanti».

Dunque, Emiliano è pronto a candidarsi e su Paolo Gentiloni dice che più che «leale a Renzi, è leale alla Repubblica», non ubbidirà «come uno zerbino alle esigenze di sopravvivenza politica» dell'ex premier, dimettendosi. I renziani reagiscono accusandolo di dire «falsità». Ricordano che il congresso si terrà a dicembre, che Renzi un mese fa voleva anticiparlo e la minoranza «chiese di evitare la conta».

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