Roma - Pacchetto banche rinviato. Oggi un consiglio dei ministri ad hoc avrebbe dovuto varare il pacchetto banche, con il recepimento dell'intesa sulla cosiddetta bad bank, cioè sulle garanzie dello Stato per i crediti deteriorati, poi la riforma del credito cooperativo e quella del diritto fallimentare. A fare saltare tutto è stato proprio questo capitolo, perché fino a ieri sera il ministero dell'Economia e quello della Giustizia non avevano trovato un'intesa sul recupero crediti. Il problema è la tutela dei creditori e la percentuale debiti da onorare in caso di concordato preventivo. Il ministero dell'Economia vorrebbe fare rientrare alcune delle novità introdotte nel passaggio in Parlamento e fare passare una versione che, in estrema sintesi, dà la precedenza ai grandi creditori. In primo luogo le banche. Il dicastero della Giustizia si è opposto. Nodi che ieri sera non erano ancora stati sciolti, anche se la linea ufficiale dell'esecutivo è che il Consiglio dei ministri (e relativi provvedimenti) è stato rinviato solo a causa del viaggio negli Stati Uniti del presidente della Repubblica. Impossibile avere la firma di Sergio Mattarella sui decreti in tempi brevi. Fino a mercoledì, Palazzo Chigi pensava di fare comunque un consiglio dei ministri con gli altri provvedimenti, poi la scelta è tornata su una unica riunione del governo per varare tutti i provvedimenti insieme. È pronta la riforma del credito cooperativo, che in sostanza ricalca la proposta di autoriforma avanzata dalle stesse Bcc, con la capogruppo da un miliardo di euro. Tra le novità un periodo lungo di transizione, 18 mesi, per permettere alle singole banche sul territorio di attrezzarsi.Tra i provvedimenti dovrebbero arrivare anche decreti che regolano alcuni aspetti del bail in, in linea con la direttiva europea che prevede i salvataggi interni (a spese anche dei correntisti) delle banche fallite. Dovrebbero regolare le eccezioni al coinvolgimento dei conti correnti fino a 100 mila euro (il limite non si applica alle somme accreditate fino a nove mesi prima del salvataggio, escluse anche le somme che derivano da liquidazioni o da compravendite immobiliari).Proprio ieri il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan è sembrato avallare i tanti dubbi che stanno emergendo sul bail in. Le norme sulla «risoluzione» delle crisi bancarie, hanno bisogno di «una fase di transizione», in cui vengano messi a disposizione «strumenti per affrontare singoli problemi ed evitare che crisi circoscritte abbiano effetti sistemici», ha spiegato parlando al Senato. «Troppo tardi. Prima dove era, dormiva?», ha ironizzato il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta. Ed effettivamente non ci sono condizioni per fare cambiare una direttiva europea, peraltro già recepita dallo Stato italiano. Soprattutto ora che l'Italia è ai minimi storici in termini di influenza dentro le istituzioni europee. Lo stesso Padoan suggerisce misure per «aumentare la consapevolezza dei risparmiatori e la vigilanza» per i casi di salvataggi interni. Niente passi indietro sulle «risoluzioni» fatte a spese dei correntisti, insomma.Il ministro si è speso sostenendo la solidità delle banche italiane. Le sofferenze nette del sistema bancario italiano «sono oggi pari a 88 miliardi» e non 201.
A questi «corrisponde un livello delle garanzie superiore alla media europea». Vero che il livello generale dei crediti deteriorati è superiore alla media Ue. Ma la reazione dei mercati non è «commisurata alla reale situazione degli istituti di credito».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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