Scontro sulle misure cautelari. "Sono pericolosi, non confessano"

Per i magistrati c'è il rischio che i sei indagati reiterino i reati anche se hanno fatto un passo indietro dalle loro cariche. Ma la difesa ricorre al Tribunale del Riesam

Scontro sulle misure cautelari. "Sono pericolosi, non confessano"
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I sei arrestati per lo scandalo dell'Urbanistica a Milan sono manager, amministratori pubblici e professionisti che avevano già fatto un passo indietro dai rispettivi ruoli, e quindi non più in grado - neanche se lo avessero voluto - di inquinare le prove o commettere altri reati: è questa la linea difensiva che i legali dei sei intendono utilizzare per portare lo scontro davanti al tribunale del Riesame, chiedendo di annullare le ordinanze di custodia firmate dal giudice Mattia Fiorentini ed eseguite giovedì mattina. Tutti - anche se con alcuni distinguo, o l'ammissione di qualche "errore" - continuano a proclamarsi innocenti, ma su questo la battaglia vera si combatterà più in là, al momento del processo vero e proprio. Per ora l'impellenza è tornare liberi, lasciare gli arresti domiciliari o - nel caso del costruttore Andrea Bezziccheri, il più severamente colpito dal giudice - la cella di San Vittore dove è stato catapultato due giorni fa.

Una parte dei ricorsi è già stata presentata, le altre arriveranno entro oggi. Significa che al più tardi entro Ferragosto, nonostante il periodo estivo, il tribunale del Riesame dovrà emettere la sua decisione che ruoterà di fatto su una sola domanda: erano davvero indispensabili gli arresti? Su questo punto il giudice preliminare Fiorentini nella sua ordinanza di arresto ha mostrato zero dubbi. "Le indagini - scrive - hanno progressivamente restituito un sistema tentacolare e sedimentato, nel quale una parte della classe politica, dei dirigenti comunali, dell'imprenditoria e delle libere professioni - in una commistione inestricabile di conflitto di interessi, mercimonio della funzione pubblica, paraventi istituzionali e propaganda (in termini di rigenerazione urbana e progetti faraonici) - prospera piegando a proprio uso le regole esistenti, interpretandole capziosamente ove possibile o aggirandole in maniera occulta (persino cercando di far approvare dal Parlamento uno scudo di impunità)": riferimento chiaro al decreto Salva Milano, arenatosi proprio per l'avanzare dell'inchiesta.

A muovere questa città di "progetti faraonici", secondo il giudice, un "fronte comune". Per evitare l'arresto i sei avrebbero dovuto confessare: invece "nei rispettivi interrogatori nessuno ha ammesso le proprie responsabilità né tantomeno l'esistenza di un sistema quale quello sinora descritto". Questa strategia difensiva per il gip è "sintomatica del fatto che nessuno degli indagati abbia voluto prendere le distanze dal meccanismo che li trova sostanzialmente accomunati da interessi convergenti, sia sul piano economico che su quello politico". Le dimissioni presentate, come quelle di Giuseppe Marinoni, non cambiano questo quadro; "la sua capacità di operare dietro le quinte è assoluta, di guisa che non è certamente un atto compiuto per pura convenienza di facciata, non sintomatico di alcuna resipiscenza, a impedirgli di mantenere le mani sulle commesse illecitamente ottenute o sulle speculazioni già adocchiate". Quanto ai tre costruttori Federico Pella, Manfredi Catella e Andrea Bezziccheri, "le rassegnate limitazioni e dismissioni delle cariche ricoperte in seno alle rispettive realtà imprenditoriali, oltre a essere sempre revocabili non impediscono certo la ripresa/continuazione delle relazioni strategiche - propedeutiche alla costruzione di rapporti clientelari, corsie privilegiate e scambi di natura corruttiva - che costituisce uno dei valori aggiunti da loro assicurati".

Anche all'ex assessore Tancredi il giudice, per motivarne l'arresto nonostante le dimissioni, rimprovera la scelta di non confessare durante l'interrogatorio preventivo: "Tancredi ha dichiarato di non ritenere che le sue ingerenze nell'attività della commissione Paesaggio, così come la sponsorizzazione di attività speculative intraprese dai membri della stessa, integrino profili di responsabilità penale, ciò che disvela una mancata comprensione delle rilevanza penale della propria condotta".

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