La scoperta della sinistra «È emergenza sicurezza a Milano serve l'esercito»

Dopo l'omicidio nel rione multietnico, Sala smentisce Pisapia che cacciò i soldati. E anche Roma li chiede

Palazzo Marino si è arreso (all'evidenza): i militari torneranno nelle strade di Milano. Ci sono voluti 5 anni, tanti episodi violenti e una sterminata serie di appelli, arrivati praticamente da ogni quartiere. Alla fine però il sindaco lo ha ammesso: «Terminando il Giubileo - ha detto Beppe Sala - io mi auguro, ed è questo il fronte su cui proverò a lavorare, che parte dei militari che c'erano sul progetto Strade sicure potranno arrivare a Milano». Lo storico dietrofront della sinistra è stato annunciato così, a due giorni dall'incredibile agguato di piazzale Loreto, dove un domenicano di 37 anni è stato inseguito e poi colpito con spari e coltelli. Era gravissimo sabato sera e ieri è morto. «Sono preoccupato di tutto quello che succede a Milano - ha rivelato ieri Sala - Obiettivamente alcune comunità sudamericane si caratterizzano per alti livelli di violenza, non da oggi. Da Loreto in su - ha concluso - agiremo perché il tema della sicurezza è più vivo che da altre parti». L'approccio pragmatico è tipico dell'uomo e del manager. Ma Sala sa bene che chiedere «rinforzi» non è una scelta indolore. L'annuncio, arrivato durante la visita della presidente della Camera Laura Boldrini a Quarto Oggiaro, periferia difficile, è una perfetta retromarcia rispetto all'era Pisapia. E un pezzo della sinistra potrebbe non approvare il ritorno delle divise. Il suo delegato alle periferie Mirko Mazzali (Sel) già scalpita.

«Milano non è Beirut» diceva, d'altra parte Mazzali, da presidente della commissione Sicurezza, nel 2011. E la maggioranza con lui. L'inchiostro sulle schede elettorali era ancora fresco. L'avvocato rosso Giuliano Pisapia si era appena insediato e scelse di rinunciare a centinaia di soldati. Dei 653 assegnati a Milano per «Strade sicure», in città restarono solo i 233 impiegati per gli obiettivi sensibili. Gli altri furono mandati via. E a lungo rimpianti. Non c'è una sola assemblea di quartiere in cui, negli ultimi anni, non sia emersa questa semplice richiesta: «Ridateci le pattuglie». Agenti, divise, la Milano normale ha continuato a chiederle. D'altra parte, il 4 agosto 2008, i soldati che il governo Berlusconi aveva inviato anche a Milano inaugurando l'operazione Strade sicure, erano stati accolti come autentici liberatori. Anche e soprattutto in via Padova, dove le poche sciure milanesi rimaste in un quartiere ad altissima immigrazione, li salutavano dalle finestre sbracciandosi e lanciando baci. Via Padova allora era una delle tre zone «calde» pattugliate da subito. Poi era rimasta orfana delle divise, per quella scelta ideologica del 2011 che il centrodestra non ha mai smesso di rimproverare agli avversari.

La sinistra infatti è andata avanti a colpi di «feste multietniche» e slogan, fra cui il memorabile «via Padova è meglio di Milano». La realtà, però, a poco a poco ha chiesto conto all'ideologia. Prima Sala si mostrato possibilista, fin dalla campagna elettorale. Poi nelle urne le periferie hanno mandato un segnale elettorale forte (il centro è la zona in cui il centrosinistra si è mostrato più forte e delle altre otto, cinque sono andate al centrodestra). Così è arrivato il grande dietrofront, in parte attenuato da una precisazione serale: «Non penso ai militari in via Padova. Penso che se Milano può avere un po' di militari è una cosa buona e giusta».

«Penso che quello che possono fare è presidiare i luoghi sensibili». Ma ora Milano dovrà contendersi i rinforzi con Roma, sembra infatti che anche il sindaco Virginia Raggi punti ai soldati del Giubileo per la sicurezza della Capitale.

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