Coronavirus

La scuola è finita. Ipotesi settembre: a turno in classe o lezioni on line

Tramonta l'idea di un rientro il 18 maggio. Ma i dirigenti scolastici sono scettici su distanziamento e alternanza: "Se il virus c'è ancora non si può tornare in aula"

La scuola è finita. Ipotesi settembre: a turno in classe o lezioni on line

Oltre 8 milioni e mezzo di studenti non rivedranno la loro classe neppure per un solo giorno. Maturandi compresi, che a giugno si limiteranno a fare un esame orale, probabilmente on line. L'ipotesi di un rientro il 18 maggio inserito nel decreto legge sugli esami di lunedì scorso e non ancora pubblicato in Gazzetta è di fatto superato dalla valutazione del Comitato scientifico del ministero della Salute. Nell'audizione dell'altro giorno, gli esperti hanno smorzato ogni speranza del ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, che sperava di poter far svolgere gli esami di maturità nelle scuole. L'emergenza non può rientrare in tempi così rapidi dicono gli esperti nessuno potrà ritornare a scuola perché la manovra è troppo rischiosa. Ci sarebbero in giro oltre 8 milioni e mezzo di studenti, ma anche due milioni di adulti, tra insegnanti e personale scolastico. Una marea incontrollabile che potrebbe provocare una fiammata di focolai del virus ancora non domato. Dunque, ecco le regole del piano B: niente esame di terza media e maturità ridotta ad un colloquio orale, quasi sicuramente on line.

Ora si pensa a ripartire a settembre. Già ma come? Riapriranno le scuole o si procede da remoto? Domanda a cui nessuno sa o vuole rispondere. Troppe sono le incognite. Al ministero fanno capire che tutto è condizionato, ancora una volta, al parere degli esperti. Dipende dall'andamento del covid. Per ogni decisione si aspetta giugno.

Gli unici con le idee chiare sono i dirigenti scolastici. Se il virus rimane, loro sostengono che è meglio proseguire con la didattica a distanza fino a che non si ritorna alla normalità. La scuola on line, semmai, si scontra con le esigenze dei genitori che dovranno tornare a lavorare in ufficio a settembre. «Ma non è detto che ciò avvenga spiega Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi - Il vantaggio dello smart working, pensato per conciliare lavoro e famiglia, con il covid si è trasformato in obbligo. Cambiano le premesse e le conseguenze». Dunque la premessa è l'emergenza sanitaria, la conseguenza che a settembre mamma o papà continueranno per qualche mese a lavorare da casa e dare un occhio a propri figli. Di alternative Giannelli non ne vede. «Se il virus continua a girare e c'è un rischio concreto, nelle aule non si può tornare taglia corto -. Gettare il contagio in aula è devastante al pari di un ospedale. È vero che i giovani sono molto resistenti ma ci sono molti asintomatici e si possono infettare famiglie intere».

Ma le mascherine, il distanziamento e i turni a scuola? «Pensiamo davvero di far andare in classe i ragazzi con le mascherine? Il distanziamento sociale? Ma di che parliamo? Le code all'entrata della scuola le facciamo chilometriche? E i bagni comuni? E i corridoi durante la ricreazione li abbiamo dimenticati? Per non parlare delle classi, bisognerebbe triplicarle così come il numero dei professori». Giannelli non vede che una via: o la morte del virus, o la didattica a distanza fino al vaccino. «Abbiamo 5 mesi per organizzarci e per consentire a nove milioni di studenti di seguire on line, non uno di meno. Ogni casa deve avere acqua, luce e internet».

Anche Paolino Marotta, presidente Andis, ritiene improbabile la riapertura delle classi a turni o il distanziamento sociale. «Sarebbero necessari finanziamenti enormi e sdoppiare le classi è un'ipotesi fantasiosa. Meglio perfezionare l'attività da remoto che ormai è diventata obbligatoria». Il problema da risolvere, secondo Marotta è legato all'approvvigionamento dei computer. «Molte scuole faticano ad trovare sul mercato computer a 300 euro, sembra che in giro ci sia una speculazione in atto, così com'è avvenuto con le mascherine. Gli acquisti andrebbero fatti da una centrale di committenza per trovare il prezzo migliore. Inoltre i fondi stanziati assegnano a ogni scuola circa 10 mila euro da spendere.

Troppo pochi per certe zone disagiate del Sud dove servirebbe un rafforzamento».

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