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Se arriva l'Isis 23 studenti su 25 si convertono

Test choc in una classe: il 90% dei nostri ragazzi pronta a cedere ai prepotenti

Se arriva l'Isis 23 studenti su 25 si convertono

Un quotidiano online, Il Sussidiario.net , riportava ieri una notizia degna di grande attenzione. Uno di quei fatti piccoli piccoli, capaci però di spalancare scenari inediti.

In una qualunque città italiana, in una qualunque scuola media, in una classe Terza sorge una discussione sull'integralismo islamico. I ragazzi chiedono all'insegnante notizie sull'Isis: chi sono, qual è il loro programma, quali sono i loro metodi, e così via. La risposta dell'insegnante è circostanziata. Spiega che molti suoi aderenti vengono dall'Europa, che spesso sono perfettamente integrati, benestanti, laureati, e che uno dei loro celebri tagliagole era stato un celebre dj. Spiega che quelli dell'Isis distruggono tutti i simboli cristiani e uccidono chiunque non si converta all'islam e diverse altre cose.

Alla fine, quella stessa insegnante pone ai ragazzi la domanda: «E voi cosa fareste se l'Isis arrivasse a casa nostra?». La risposta, solo in apparenza sorprendente e quasi unanime, è stata immediata e senza tentennamenti: ci convertiremmo subito all'islam. Erano in venticinque in classe: ventitré erano di quell'idea, due soltanto si sono opposti, ed erano figli (poi spiegherò il perché di questa precisazione) di famiglie cattoliche molto «impegnate».

La prima osservazione, fatta anche dall'ottimo articolista del quotidiano online , è che con ogni evidenza noi viviamo in una società senza ideali. Ai bambini hanno tolto Natale e Pasqua sostituendoli con parole che non evocano nessuna storia («inverno» e «primavera»), insomma nessun volto a cui affezionarsi. I valori che si vorrebbero trasmettere riguardano il non fumare, una corretta alimentazione, oltre a un'idea politicamente corretta della sessualità, meglio nota come ideologia Gender. Niente per cui rischiare la vita, niente che accenda gli animi. Ci hanno tolto Gesù Cristo e Garibaldi. I vecchi comunisti da trent'anni dichiarano che il comunismo è morto salvo poi versare una lacrimuccia se sentono cantare L'Internazionale . Perché, diciamolo chiaro, gli ultimi stracci di ideali che siamo stati capaci di produrre sono quelli rappresentati da Guareschi con Don Camillo e Peppone. Mi spiace, siamo ancora lì. Dopo di che, abbiamo avuto soltanto anni di dubbi, di scetticismo, di sgretolamento, di sospetto, di odio, di furbizia e di cinica strumentalizzazione di qualsiasi ideale allo scopo di adescare i gonzi. E adesso cosa diciamo ai nostri ragazzini: che devono prendere le armi e combattere i tagliagole? In nome di quali valori - o idee - vissuti e incarnati? Perché lo sappiamo tutti: solo ciò che è incarnato può resistere al vento maligno del tempo.

Vorrei tuttavia spendere le ultime parole sui due ragazzi che si sono opposti, perché è significativo che le loro voci non abbiano fatto opinione. Nessuno si è unito a loro: quello che affermavano veniva loro da famiglie un po' diverse dalla media. Il pensiero che mi affiora alla mente è che quei due ragazzi venivano forse percepiti dai compagni come corpi leggermente estranei. Amici finché si tratta di fare i compiti o magari di giocare a pallone, ma diversi su molte altre cose. Parlo di una percezione a pelle, niente di malizioso. Non antipatici, non cattivi, non nemici, soltanto di un'altra razza, ecco. Come a dire che gli ideali mettono paura se accompagnati dalle armi, mentre se sono espressi pacificamente sono solo anacronistici, un po' irragionevoli, generano sospetto. Resta il fatto che la generazione dei nostri figli cresce un po' come carne da cannone: pronta a cedere ai prepotenti ma anche a sospettare di chi non si allinea.

È il tipo di suddito che tutti i totalitarismi desiderano, ma che solo la democrazia, o ciò che noi chiamiamo con questo nome, col nostro consenso sta riuscendo a produrre.

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