Se i fatti sbugiardano i gufi

Se i fatti sbugiardano i gufi

Si credono l'elite del mondo. Sono ricchi, potenti e famosi. E pieni di se. Così quando si ritrovano nella piccola Davos trasformata in Valhalla del potere globale sono convinti di poter dar voce ai più inconfessabili desideri. Travestiti da analisi e previsioni. Un anno fa pur d'affossare un Donald Trump poco in sintonia con la loro passione per il mondo globalizzato riuscirono a spacciarci per illuminato riformatore e campione del libero commercio il presidente cinese Xi Jinping. Un despota che non pago di tenere in galera oltre 250 fra dissidenti e attivisti dei diritti umani ha fatto crepare dietro le sbarre il premio Nobel Liu XiaBo. Un autocrate che pur di presentarsi come la reincarnazione di Mao inserisce nella Costituzione i capoversi del proprio pensiero e «purga» a colpi di arresti e «suicidi» i «compagni» poco allineati al suo volere. Un nuovo signore della guerra che, intascati gli elogi di Davos ha chiesto al proprio esercito di tenersi pronto «pronto a combattere e vincere in questa Nuova Era». Ma poco importa. Le previsioni dei signori di Davos, infatti, hanno poco a che vedere con numeri e realtà. Nel 2017, oltre ad immaginare il collasso degli Usa di Trump, vaticinavano pure il crollo d'una Gran Bretagna fuggita dall'Europa dei burocrati e dell'immigrazione fuori controllo. I risultati eccoli qua. In America la borsa trascinata dalla «deregulation» di Trump brucia ogni record, la disoccupazione cala a livelli mai visti e l'economia rinvigorita dai tagli fiscali ricorda i ruggenti anni 80 di Ronald Reagan. Mentre gli onnipotenti saputelli, pendono dalle orecchie dell'odiato Donald arrivato a violare il loro innevato e candido «sancta sanctorum». E con Theresa May e l'Inghilterra non gli è andata meglio. Anche lì le dotte previsioni si sono rivelate bolle di sapone. A sentir l'Economist, non esattamente la Bibbia dei populisti, il tanto paventato deprezzamento degli immobili si è rivelato una bufala mentre la disoccupazione invece di salire è precipitata al 4,3 per cento, minimo storico degli ultimi 42 anni. Il tutto mentre l'economia di Londra continua nel complesso a crescere su valori da sogno non solo per noi italiani, ma per molti altri paesi europei. Ma la vera «fake news», come direbbero a Davos, è la favoletta tanto in voga un anno fa sull'inevitabile esodo dei lavoratori europei terrorizzati dall'isolazionismo britannico e pronti ad abbandonare l'algida Albione. A dar retta a quel Financial Times, tanto amato dalle elites mondiali, nei primi otto mesi del 2017 il numero di lavoratori europei registrati in Gran Bretagna ha superato la soglia record di 2 milioni 370mila, con un aumento di 126mila unità nel solo periodo di aprile-giugno 2017. E - udite udite - gli «italians» invece di abbandonare l'ingrigita e depauperata Londra corrono a regolarizzare la propria presenza in vista di residenze di lunga durata.

I registri dell'Aire (Anagrafi Italiani Residenti all'Estero) del

Consolato Londra, notava ieri il Sole 24Ore toccheranno a marzo quota 350mila iscritti superando quelli di un'Argentina rimasta fino ad oggi l'indiscussa seconda patria degli italiani all'estero. Con buona pace dei gufi di Davos.

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