Se la moda diventa vittima del dieteticamente corretto

La copertina con l'indossatrice taglia 38 scatena il web: no all'anoressia. Ma qualche chilo in meno non vuol dire malattia

Se la moda diventa vittima del dieteticamente corretto

Taglia 38, non mi avrai. La taglia 38 è notoriamente un incubo per le donne italiane: chi mai vorrebbe indossare una striminzita 38? Così la figura esile di una modella sulla copertina di Marie Claire desta le assopite coscienze nazionali. In un moto di ribellione civica, non certo d'invidia, le voci più flautate del web si levano in un coro melodioso di popolare indignazione. Una scrittrice sarda si pone a capo delle truppe contro i chili in difetto: tocca reagire, sul serio e tutte insieme, alla «costruzione di una simile idea di donna».

La donna in questione un nome ce l'ha e un cervello pure. Si chiama Marthe Wiggers, 17enne, australiana, di mestiere fa l'indossatrice ed è una «sana taglia 38», come precisa la direttrice del mensile. Ecco, per chi non lo sapesse, taglia 38 non significa anoressia. Qualche chilo in difetto, al pari di qualche chilo in eccesso, non è sinonimo di malattia. Né si può continuare a pensare che la causa dell'anoressia sia la moda: se così fosse, basterebbe mettere all'ingrasso le donne che calcano le passerelle per cancellare i disturbi alimentari dalla faccia della terra. Purtroppo così non è.

La verità è che nell'epoca del raccapricciante genderless gli stilisti che osano ancora vestire le donne come tali devono pararsi dall'accusa di trasmettere un modello di donna dieteticamente scorretto. E vai con il fashion pedagogico che stampa la tabella nutrizionale sull'etichetta. E vai con i prezzi variabili sulla base dell'indice di massa corporea: più ti avvicini al normopeso, meno paghi. E vai con la bilancia piazzata all'ingresso di negozi e studi televisivi. Vuoi comparire in tv? Magna «sta merendina».

È la dittatura del fisicamente corretto. Mentre le modelle – quelle sconosciute – lagnano su Facebook perché qualcuno le obbligherebbe a un dimagrimento senza tregua, quest'anno sulle passerelle delle fashion week la protagonista assoluta è Gigi Hadid, la modella californiana dalle forme sinuose e morbide, taglia rigorosamente 40, che dal calendario Pirelli è volata nelle principali maison. Gli stilisti l'hanno premiata.

Quel che i sacerdoti del fisicamente corretto non comprendono è che la moda è arte, espressione della società e non sua tutrice. Se gli anni Venti prediligono le donne minute e androgine, trent'anni dopo primeggiano le curvy , simbolo del desiderio di riscatto dalla penuria del secondo dopoguerra. Negli anni Novanta invece s'impone un corpo asciutto e atletico, scevro dal superfluo e proteso alla conquista del mondo.

La moda non impone modelli ma assorbe lo spirito del tempo. Al contrario, quanti trasformano la taglia 38 in un simulacro da abbattere paiono animati dalla medesima volontà di fissare canoni immutabili che pretenderebbero di contrastare.

La lotta all'anoressia, che non coincide con la taglia 38 e riguarda milioni di ragazze non modelle, dovrebbe puntare ad aumentare la consapevolezza sui rischi

di quella che è, a tutti gli effetti, una patologia psichica.

La fotografia di Oliviero Toscani che ritrae la compianta Isabelle Caro ridotta pelle e ossa serve la causa meglio di cento leggi contro l'eccessivamente magro.

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