Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Norberto Bobbio e Sandro Pertini. Chi meglio di loro può rappresentare la sinistra italiana? Forse solo Antonio Gramsci, ma sarebbe troppo scontato.
Sul quotidiano La Repubblica, invece, per pubblicizzare una propria iniziativa editoriale sui cent’anni della sinistra, il fondatore del Pci non viene nemmeno citato. In compenso, prima di Berlinguer, Craxi, Bobbio e Pertini, compare il nome di Cagol. Per i più giovani, quelli che non hanno vissuto gli anni di piombo, forse il nome di Mara Cagol non dice molto eppure si tratta della moglie di Renato Curcio, capo delle Brigate Rosse. A notare per primo l'insolita e discutibile scelta è stato il giornalista Mario Lavia, collaboratore de Linkiesta che su Twitter ha cinguettato:"Vedo ora una pubblicità dell'iniziativa editoriale di Rep sulla storia della sinistra, 'attraverso le figure di Cagol, Berlinguer, Craxi, Bobbio, Pertini'. Cagol??? La fondatrice delle BR accanto a Bobbio e Berlinguer??? Ma sono scemi???". Francesco Storace, invece, in un editoriale sul Tempo, ha commentato: "Utilizzare come sponsor la compagna 'caduta combattendo' diciamo che non è il massimo e sarebbe bizzarro scomodare le quote rosa per una rivisitazione della storia comunista spinta sino a tanto livello". La Cagol, infatti, come ricorda l'ex parlamentare di An, venne uccisa nel corso di un conflitto a fuoco con le forze dell'ordine durante il quale era provvista di armi automatiche e bombe a mano. "Non uno stinco di santo, potremmo dire", scrive Storace che, poi, aggiunge:"È come dire che Pci e Br provengano dalla stessa storia, il che diventa difficile da sostenere, se si vuole leggere senza faziosità cent’anni di storia politica. Chi andò a finire nelle Br anche dopo aver militato nel Pci lo fece per colpirlo, non per aiutarlo da sinistra, diciamo".
Su Twitter, un follower di Lavia ha difeso la scelta di Repubblica ricordando che la Cagol è stata citata in un articolo di Benedetta Tobagi, figlia di Walter vittima delle Brigate Rosse, ma Storace ha contestato il fatto che per sponsorizzare l'opera il gruppo editoriale L'Espresso abbia scelto il nome della Cagol e non quello del giornalista assassinato.
Il deputato Michele Anzaldi, invece, ha risposto così al cinguettìo del giornalista de Linkiesta:"Caro Mario non sono scemi ma distratti e disattenti su temi ancora vivi nella carne di chi ha vissuto quella stagione e magari vista distrutta la propria vita in quel periodo".
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