Un puntino di luce nel buio. Ci vorrà ben altro per illuminare lo spento mercato del lavoro in Italia e per riportare nelle fabbriche e negli uffici la troppa gente ancora a spasso, ma almeno qualcosa si muove: in dicembre il tasso di disoccupazione è sceso al 12,9%, interrompendo l'andamento-incubo del bimestre ottobre-novembre (13,3%). L'Istat lo comunica, Eurostat ne prende atto per ricordarci che il nostro è un calo che non ha riscontro in tutto il Vecchio continente. Bravi a metà, però: quando si parte da livelli così bassi, ogni minimo miglioramento si amplifica. È dunque meglio usare una cauta enfasi nel maneggiare i 109mila nuovi posti creati su base annua (+93mila rispetto a novembre). Così twitta l'indice cinguettante di Matteo Renzi: «Centomila posti di lavoro in più in un mese. Bene, ma siamo solo all'inizio. Riporteremo l'Italia a crescere».
Sui new workers , contributori dell'alleggerimento del numero dei disoccupati al pari dei cosiddetti inattivi, vale la pena spendere qualche parola. Intanto, non sono figli generati dal Jobs Act, nè il frutto del generoso allentamento fiscale concesso a chi assume a tempo indeterminato: se ci saranno, questi effetti si cominceranno a percepire non prima di febbraio. In ogni caso, qualcosa di buono c'è: non sembra esserci stato il temuto differimento delle assunzioni che poteva essere provocato dal fatto che l'impianto normativo 2.0 del mercato del lavoro non è ancora operativo. Inoltre, il dato Istat tiene conto dei fattori stagionali (giorni lavorati, più le caratteristiche peculiari del mese in esame), ma dalla depurazione non si ricava nessuna indicazione sul tipo di contratto applicato. Peccato. Perchè dicembre ha l'X Factor della stagionalità, essendo il periodo in cui, per fare un esempio, i centri commerciali hanno bisogno di più commessi, l'industria dolciaria di più pasticcieri e i saloni di bellezza di più estetiste. È dunque assai probabile che molte di queste assunzioni siano state a carattere temporaneo. Finito il Natale, finito il contratto.
Non sembra invece aver fine la via crucis dei giovani. Non inganni il calo del tasso di disoccupazione, sceso il mese scorso al 42% dal 43% di novembre. Ciò che conta è che sia sceso il numero degli under 25 occupati, appena 918 mila, lo 0,7% in meno di novembre. Infatti: aumentano gli inattivi, quanti non sono nè occupati nè disoccupati (tra cui anche gli studenti), pari in tutto a 4 milioni 382 mila (+0,9%). Per loro, sono ancora nulli quei segnali di recupero che fanno dire all'Istat che «l'indice anticipatore dell'economia italiana è tornato positivo a novembre. E che, dunque, si delinea «una ripresa dell'attività economica nei primi mesi dell'anno», con segnali «di un possibile recupero della domanda interna» in gennaio. Una risalita dallo sprofondo cui certo non sono estranei due elementi-chiave: il forte indebolimento dell'euro e la caduta del petrolio.
Non a caso, l'istituto di statistica cita i segnali favorevoli arrivati «dalla produzione e dagli ordinativi esteri di alcune componenti rilevanti del comparto dei beni strumentali».Ma di sicuro, senza una vera ripresa del lavoro, queste schiarite non basteranno a rimettere in sesto il Paese. L'Italia ha ancora una montagna da scalare. Con le infradito ai piedi.
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